1. “Amor amicitiae”. La ricerca pubblicata su questo sito mostra come la Commedia di Dante sia stata scritta elaborando intertestualmente la Lectura super Apocalipsim dell’Olivi (LSA). Da questa nuova scoperta discendono importanti conseguenze sul piano storico, filologico e letterario. Essa, tuttavia, non può limitarsi unicamente al “poema sacro”. Si riverbera infatti in diverso modo su tutta l’opera di Dante, imponendo di riconsiderarla sotto nuova luce.
L’Epistola a Cangrande è sempre stata, e continua ad essere, vexata quaestio. Non è qui il luogo di ripercorrerla in questo senso, ma di mostrare come il confronto fra il testo del poema e il suo, per così dire, canovaccio, possa servire a chiarirne alcuni punti.
Il capitolo 2 dell’Epistola, un trattato sull’amicizia – come osservò Giorgio Brugnoli -, quella che Dante manifesta allo Scaligero e alla quale tiene “quasi thesaurum carissimum”, intende dimostrare che vi può essere amicizia fra persone di diverso stato, fra eminenti e inferiori (tale si sente l’autore, dall’oscura fortuna ma di chiara onestà, di fronte all’illustre principe). Come potrebbe la distanza sociale impedire l’amicizia fra gli uomini quando è data amicizia fra Dio e l’uomo, cioè fra quanto vi è di più distante? L’ignoranza del volgo (“imperitia vulgi”) crede al contrario che affermare ciò sia presuntuoso, ma colui al quale è dato il libero arbitrio non deve calcare le orme delle pecore ed è svincolato da ogni consuetudine.
Due temi fondamentali dell’Epistola, l’amicizia di Dio (fondamento di ogni libera amicizia) e il differenziarsi dal volgo, sono alla base del viaggio di Dante verso Beatrice nella Commedia. Temi presenti nelle parole dette da Beatrice a Virgilio e, prima ancora, da Lucia a Beatrice; versi da confrontare con l’esegesi di Ap 7, 4:
Inf. II, 61-63, 103-105:l’amico mio, e non de la ventura,
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[LSA, cap. VII, Ap 7, 4; Par. lat. 713, f. 88rb-va] Igitur per hunc numerum, prout est certus et diffinitus, designatur singularis dignitas signatorum. Hii enim, qui sub certo nomine et numero et scriptura a regibus ad suam militiam vel curiam aut ad sua grandia vel dona ascribuntur, sunt digniores ceteris, qui absque scriptura et numero ad vulgarem et pedestrem militiam vel familiam eliguntur. Sicut etiam Deus, in signum familiarissime notitie et amicitie, Exodi XXXIII° (Ex 33, 17) dicit Moysi: “Novi te ex nomine”, cum tamen omnes electos suos communiter noverit ut amicos et hoc modo solos reprobos dicatur nescire, sic per hanc specialem et prefixam numerationem et consignationem designatur familiarior signatio et notitia et amicitia apud Deum. |