Dante si creò un pubblico, ma non lo creò solo per sé: creò anche il pubblico per i successori. Egli formò, come possibili lettori del suo poema, un mondo di uomini che non esisteva ancora quando scriveva e che si costituì lentamente grazie al suo poema e ai poeti che vennero dopo di lui. (…) Il comune patrimonio moderno cristiano ed europeo, il cui organo per tanto tempo era stato il latino, cominciava allora a rivelarsi come un’unità in una nuova scissione nazionale. Ma quel patrimonio comune aveva, come sua essenza più intima e sua proprietà più cara e più peculiare, la storia umanissima dell’incarnazione e della passione di Cristo; e questa storia era attorniata da tante altre storie, che la annunciavano prefigurandola o la confermavano imitandola. (…) Fu ancora per un processo puramente italiano che, in seguito all’influenza di Dante, l’italiano e il latino si accostarono l’uno all’altro. (…) Dalla lotta fra latino e italiano emerge alla fine, come soluzione intermedia, l’umanesimo volgare, del quale Dante era stato il precursore e il promotore.
Erich Auerbach [1]
Se mai il paziente visitatore si addentrasse, come in un grande campo di scavi, fra i confronti testuali che seguono queste brevi note introduttive, si imbatterebbe in singolari trasposizioni di elementi semantici, passati dalla Lectura super Apocalipsim dell’Olivi alla Commedia di Dante. Resterebbe colpito dalla frammentazione nel secondo testo (la Commedia) del primo testo (la Lectura), quasi il lume di questo si riflettesse su un poliedro, disperdendosi in modo multiforme. Noterebbe la forte asimmetria, e anche la libera appropriazione ad altri tempi, luoghi e soggetti delle figure apocalittiche e della loro esegesi. In chi percorresse quanto, in modo volutamente disordinato e senza commento, viene esibito qui di seguito – con un campionario abbastanza significativo di migliaia di versi, toccando tutti i canti del poema e i punti più disparati del commento apocalittico – non potrebbe non insinuarsi il dubbio che il rapporto intertestuale non sia casuale ma necessario, come dagli sparsi frammenti che affiorano in superficie l’archeologo sospetta di ciò che può star sotto. Nel più sfortunato dei casi, che cioè siano, in tutto o in parte, solo accostamenti fortuiti (ma la quantità estingue la casualità), essi gli mostrerebbero almeno quanto il linguaggio dell’esegesi scritturale – il “sermo humilis” – sia penetrato nel “poema sacro”.
Che non si tratti di intertestualità casuale ma di una metamorfosi liberamente scelta dal poeta, regolata da precise norme, e come questa frammentazione e diffusione di una teologia francescana della storia trovi nel “poema sacro”, che di per sé non può dirsi francescano, luogo e ordine, è oggetto della ricerca presentata su questo sito [2]. In particolare, l’ordine interiore del poema è registrato nella Topografia spirituale della Commedia, dove per quasi ogni verso, o gruppo di versi, collegamenti ipertestuali conducono al “panno” esegetico fornito dalla Lectura super Apocalipsim, sul quale il “buon sartore” ha fatto “la gonna”, per usare l’immagine di san Bernardo a Par. XXXII, 140-141. Altrove viene mostrato come la struttura interna della Commedia incorpori una tecnica di arte della memoria, in cui le parole-chiave fungono da imagines agentes, segni che conducono il lettore alla dottrina contenuta nella Lectura super Apocalipsim, consentendo così il passaggio dal senso letterale, che è per tutti, a quelli mistici in esso racchiusi, riservati agli Spirituali, conoscitori dell’opera oliviana.
La ricerca, che non ha precedenti, non è assimilabile a quelle che, nelle scienze umanistiche, sogliono fondarsi sull’evidenza immediata, per cui prove e argomenti vengono inseriti in un discorso ragionevole e convincente. Poiché qui non c’è evidenza immediata, l’esame sperimentale dei testi, del loro rispondersi o meno, deve sempre precedere ogni considerazione delle idee che essi suggeriscono. Bisognerà dunque considerare questa ricerca, se si vuole trovare il criterio di verità, come un esperimento da ripetere in laboratorio. Essa, come nelle scienze naturali, attende una verifica da parte di altri studiosi.
Dai confronti testuali, che mettono in luce il “Dante sotterraneo spirituale”, discendono gravi conseguenze. Sono di carattere storico, perché va riconsiderato il ruolo degli Spirituali nella riforma della Chiesa e sottolineata l’eccezionale importanza della Lectura dell’Olivi; filologico, perché qui non si tratta della trasmissione del poema, ma della sua formazione; letterario, circa i destinatari della Commedia e la doppia lettura di essa. Su quest’ultimo punto – il pubblico della Commedia, come Dante lo concepì – l’erratico campionario qui sotto proposto invita ad alcune riflessioni.
Prima di iniziare la Commedia, nel Convivio (I, ix, 5) Dante aveva presente un pubblico in lingua volgare. Si tratta di “… coloro che per malvagia disusanza del mondo hanno lasciata la litteratura a coloro che l’hanno fatta di donna meretrice; e questi nobili sono principi, baroni, cavalieri e molt’altra nobile gente, non solamente maschi ma femmine, che sono molti e molte in questa lingua, volgari, e non litterati”. L’abbandono del Convivio e l’inizio della Commedia (intorno al 1307) coincise con l’incontro con la Lectura super Apocalipsim. Quali novità recò a Dante?
1) Il latino era una lingua per pochi, non bastava più per tutte le necessità espressive: il latino dell’esegesi è vicino al volgare; a questo latino non aulico rinviano i versi del poema.
2) La storia di Cristo, della sua passione e resurrezione, si diffonde sull’universo umano: il perno della Lectura è Cristo, centro dei tempi. Le sue prerogative avrebbero potuto essere appropriate a chiunque, in conformità o difformità. La tragedia del conte Ugolino è scandita sui giorni della passione; Francesca e Paolo vengono vinti da una falsa Scrittura e da un’erronea immagine di Cristo, in un agone del dubbio che segna il martirio, psicologico e non corporale, degli ultimi tempi. Se “le passioni personali, che prima non erano state altro che istinti, ottengono considerazione e dignità” [3], ciò è perché il patire (che è nello stesso passo mosso dal poeta) partecipa, in modo retto o intorto, del patire di Cristo. Non solo però del Cristo storico, ma dei suoi discepoli spirituali nel secondo avvento nel suo Spirito. Lo Spirito di Cristo muove in terra quanti vi si conformano. Dante sale la montagna del purgatorio con segnate sulla fronte le sette “P”, che sono “piaghe”, come l’angelo del sesto sigillo, che Olivi identifica con Francesco, sale da Oriente: «“habentem signum Dei vivi”, signum scilicet plagarum Christi crucifixi, et etiam signum totalis transformationis et configurationis ipsius ad Christum et in Christum».
3) La Lectura commenta l’Apocalisse inserendo, in un testo già settiforme nelle visioni, delle categorie storiche (i sette “stati”) e traccia la storia dei segni della divina provvidenza fino ai tempi moderni (il sesto stato), nei quali sta già operando una palingenesi nelle coscienze che porterà a un novum saeculum. Per quanto Olivi sia molto cauto nell’uso degli autori pagani, c’è una perfetta concordanza spirituale, e anche letterale, fra quanto afferma di questa “renovatio” e la quarta egloga virgiliana. In questa età rinnovata per lo Spirito di Cristo, tanto attesa come quella augustea, una rivoluzione interiore viene compiuta con la parola che converte e rompe la durezza dei cuori, che l’interno dettatore spira nei predicatori aprendo la loro volontà al dire. Su questa età ‘sesta’ ricade tutta la sapienza e la malizia del passato. Se finora Cristo, in quanto uomo, ha insegnato con la voce esteriore e, in quanto Verbo, con la luce intellettuale, d’ora in poi insegnerà tramite il gusto d’amore proprio del suo Spirito. Alla preparazione della dottrina esteriore subentrerà il dettato interiore: quale migliore parte per Virgilio e Beatrice, con il primo che abbandona il campo alla seconda?
4) La prospettiva storica oliviana rivela in che modo i ministri, messi o nunzi divini (rappresentati dai numerosi angeli dell’Apocalisse) debbano intervenire nella realtà terrena. I discepoli spirituali, che incarnano lo Spirito di Cristo nel suo secondo avvento, sono inviati a predicare nuovamente nel mondo come lo fu Giovanni. In Dante, “alter Iohannes”, la volontà è una con quella di Cristo che gli detta dentro; egli appartiene, direbbe Auerbach, al partito dell’Altissimo [4]. Non solo il singolo individuo viene inserito nell’ordinamento divino, la parte nel tutto, ma questo inserimento è necessario, perché il poeta deve scrivere la visione di cose che, come recita l’Apocalisse, “devono avvenire presto”.
5) La storia dei segni della divina provvidenza è, per l’Olivi, storia della Chiesa considerata come un individuo in sviluppo; questi segni sono da Dante applicati ai singoli individui. Non diversamente aveva fatto lo stesso san Giovanni, “applicando figuras vel sententias eius ad alia facta et tempora quam in prophetis videantur applicari”. Poiché la Redenzione non si è compiuta con il primo avvento di Cristo nella carne, e questo “non liberò gli uomini dalla storia” [5], e anche perché nel corso di essa verranno incorporate in Cristo le genti e poi, infine, tutto Israele, nuovi cittadini avrebbero potuto entrare in “quella Roma onde Cristo è romano”. Pagani o maomettani che siano, sarebbero stati prescelti non per nobiltà di sangue, ma per filiazione spirituale, per dono della Grazia che discende dal “Padre de’ lumi” (Jc 1, 17).
6) Con un aggiornamento di quanto esposto nella Lectura super Apocalipsim sull’incorporazione delle genti nella Roma dei giusti o dei reprobi, che peregrinano insieme in terra, si poteva pervenire ad attribuire ai classici una sacralità finora propria solo della Chiesa in sé. Omero avrebbe assunto la veste di Gregorio Magno, che come un’aquila volò sopra gli altri nel percorrere gli ardui sentieri dell’allegoria; Aristotele sarebbe stato insignito delle prerogative di Colui che siede sul trono e regge con sapienza, in un luogo (il “nobile castello” del Limbo) che è figura in terra dell’Empireo; nel gustare il divino, il pescatore Glauco avrebbe potuto essere nel trasumanar figura di Pietro, che gustò l’incorporazione dei Gentili e d’Israele. Appropriandosi di concetti evangelici e spirituali, Ulisse si sarebbe perduto in un’andata al sesto stato prima del tempo, un viaggio nel futuro che precorre i disegni provvidenziali e valica i confini dell’etica – il senso morale assegnato agli Antichi – volando nel senso anagogico.
Se alla donna (la Chiesa) nel deserto dei Gentili vengono date due ali di una grande aquila (Ap 12, 14) interpretate come il terzo stato dei dottori (che confutano le eresie con la ragione e la spada) e il quarto degli anacoreti (dediti al devoto pasto eucaristico), ecco che alle loro prerogative – si tratta di due stati di solare sapienza – potevano venire assimilati Impero e Papato, spada e pastorale, i “due soli” di Marco Lombardo. Gli “stati” infatti vanno al di là della loro effettiva periodizzazione; i doni della grazia che recano ridondano sui successivi (il sesto, cioè i tempi moderni, li riceve tutti nel modo più alto) e, inoltre, non sono solo categorie storiche, ma anche modi di essere degli individui. E poiché il fiume luminoso che scorre nel mezzo della Gerusalemme celeste ha due rive, l’umana e la divina con in mezzo Cristo-“lignum vitae” che ombreggia entrambe (Ap 22, 1-2), quell’ombra sacramentale di verità superiori si poteva riverberare sull’“ombra delle sacre penne” dell’aquila imperiale, di cui dice Giustiniano (Par. VI, 7) come sull’“ombra de le sacre bende” proprie della vita religiosa ed evangelica di cui parla Piccarda (Par. III, 114), cioè sui due fini di beatitudine assegnati all’uomo dalla Provvidenza (cfr. Monarchia, III, xv, 7).
Ancora, sul piano dottrinale Gioacchino da Fiore avrebbe potuto ben figurare insieme a Tommaso d’Aquino e a Bonaventura fra i sapienti del cielo del Sole. Il sesto e il settimo stato della Chiesa, nella prospettiva di Olivi, corrispondono alla terza età di Gioacchino da Fiore, quella dello Spirito Santo ma, novità sostanziale rispetto all’abate calabrese, non sono appropriati a una persona della Trinità, bensì allo Spirito di Cristo, centro della storia in progressivo sviluppo. Dunque l’abate calabrese sarebbe stato presente nella Commedia in modo diffuso, perché le numerose sue citazioni nella Lectura si sarebbero inserite nella generale metamorfosi di questa.
7) La metamorfosi della Lectura super Apocalipsim nei versi in in volgare non avrebbe fatto venir meno il voluto carattere polisemico del “poema sacro”. Con l’esegesi dell’ultimo libro canonico, esposta in una teologia della storia che comprende per settenari tutta la Scrittura, la quale a sua volta è forma, esempio e fine di ogni scienza, avrebbe infatti concordato ogni conoscenza e ogni esperienza; nella titanica lotta del volgare col latino sarebbero state “rifuse tutte le forme dell’eredità latina” [6].
Non poche novità, dunque, dovettero balenare alla mente di Dante nello scorrere la Lectura super Apocalipsim. Un nuovo pubblico si configurava. Il senso letterale, rivolto a chiunque, ne avrebbe racchiuso altri “mistici” rivolti ai pochi – gli Spirituali francescani – che con la predicazione avrebbero potuto riformare la Chiesa. Un gruppo di lettori privilegiato che possedeva la Lectura super Apocalipsim, subito diffusasi in Italia dopo la morte del suo autore (1298), avrebbe potuto leggerla, parafrasata e aggiornata in senso aristotelico e imperiale, nei versi in volgare. I riformatori erano soprattutto predicatori. La Commedia è un viaggio per exempla. Se grazie alla Commedia Dante fosse tornato a Firenze “con altra voce omai, con altro vello”, quanti predicatori non l’avrebbero citata dai pergami cittadini? Il lavorio sul latino avrebbe incorporato nel “poema sacro” parole-chiave che rinviano alla Lectura oliviana; ci sarebbero stati, rinchiusi nel senso letterale alla portata di tutti, signacula marcatori di memoria per chi, non diversamente dai profeti dell’Antico Testamento, avrebbe dovuto ingiungere ai fedeli di convertirsi per tempo adducendo esempi contemporanei e vicini. Il microcosmo toscano sarebbe asceso, come è nel poema, a storia universale predicata.
Il “poema sacro” si sarebbe proposto come speculum per quel gruppo riformatore. Non solo avrebbero potuto predicarlo, ma per essi sarebbe stata guida nella conduzione del gregge affidato. Un pastore devoto vicino al popolo cristiano, che lasci “seder Cesare in la sella”, che riconosca in Aristotele il “maestro di color che sanno”, ma con la non secondaria clausola di concordarlo con la visione apocalittica dell’Olivi (che riassume l’intera Scrittura); pronto ad ammettere i poeti e gli autori classici come antiche figure del nuovo e grande “sesto” poeta. Un clero non timoroso della classicità, aperto al novum saeculum nel quale si verificherà quella unitiva e spirituale conversione finale di Gentili ed Ebrei allorché, quasi come la voce di una tromba angelica, si sente dire: “Venite”, venite cioè a parlare perché così vi detta dentro, dite le vostre ragioni, nel momento in cui, anche per i dannati, cessano le tempeste dei cuori umani.
Quel tipo di pubblico – “O voi ch’avete li ’ntelletti sani … Voialtri pochi che drizzaste il collo / per tempo al pan de li angeli” (Inf. IX, 61; Par. II, 10-11) – avrebbe ben compreso gli appelli del poeta, che instaurano un rapporto tra colui che ha visto e scrive (come Giovanni: “scribe quae vidisti”: Ap 1, 19) e colui che legge e viene esercitato ad elevarsi nella visione (“Leva dunque, lettore, a l’alte rote / meco la vista”: Par. X, 7-8). Se tutti gli altri lettori venivano stimolati a indagare [7], e lo continuano ad essere dopo sette secoli, solo il conoscitore della Lectura avrebbe compreso la differenza fra i due ‘velami’ di Inf. IX 61-63 e Purg. VIII, 19-21 – “la dottrina che s’asconde / sotto ’l velame de li versi strani” e “’l velo … ora ben tanto sottile, / certo che ’l trapassar dentro è leggero”, come cioè essi si riferiscano a due momenti storici differenti che ricadono nel tempo moderno del viaggio: il primo (il tempo antico) in cui l’illuminazione – i misteri della settiforme dottrina della storia provvidenziale preannunciati sotto veli mistici – è chiusa o espressa in forme oscure; il secondo (il sesto stato dell’Olivi, che equivale alla gioachimita terza età, appropriata allo Spirito Santo) in cui è molto più sottile e aperta. Così venne detto a Daniele di tacere la visione fino al tempo stabilito (Dn 12, 4/9), cioè fino al sesto stato della Chiesa, e viene detto a Giovanni ( e ai suoi moderni emuli) di manifestarla (Ap 22, 10).
Certamente, come intende Auerbach, Dante si creò il pubblico futuro. Ma come nella Vita nova si immaginò un pubblico elitario del “cor gentile”, e nel Convivio ebbe presente un pubblico laico di prìncipi, uomini d’arme, notai, curiali, così nella Commedia immaginò anche un preciso pubblico di chierici, che usavano il latino e predicavano in volgare. Si potrebbe dire che gli Spirituali, depositari della Lectura, avrebbero dovuto essere i primi umanisti in volgare. Essi non erano un partito o una fazione ma un fermento di vita fra i Minori, una presa di coscienza, un “mouvement d’espérance” (Manselli) [8]. Scritta non per gli ambiti universitari ma consacrata “al suo popolo francescano, al destino del quale credeva” [9], la Lectura super Apocalipsim avrebbe potuto diffondersi fra i laici colti e dare origine a una letteratura religiosa in volgare. Ma se intorno al 1307 ciò era ancora possibile, le note vicissitudini seguite al Concilio di Vienne (1311-1312) portarono, nei due decenni successivi, alla persecuzione degli Spirituali e quasi cancellarono il loro libro-vessillo, definitivamente condannato da Giovanni XXII nel 1326.
Auerbach osservava che l’opera di Dante fu il punto di arrivo di uno sviluppo che si interruppe con lui: “nessuno ha potuto continuare o completare la costruzione del mondo e della storia contenuta nella sua opera, perché quella costruzione crollò”. Venne a mancare il giudizio di Dio che attualizza, ordina e rende eterna la tragicità con cui Dante aveva inserito l’individuo nell’ordine universale: “Più tardi l’individuo è solo, e la sua tragedia finisce con la sua vita” [10]. Crollò, in quell’ “autunno del Medioevo”, anche la Lectura super Apocalipsim, perché oggetto di una persecuzione senza pari, come lo furono gli Spirituali, e perché venne meno la visione stessa di una storia della salvezza collettiva [11].
[1] E. Auerbach, Lingua letteraria e pubblico nella tarda antichità latina e nel Medioevo, Milano 19743, pp. 282-283, 287-288.
[2] La presentazione della ricerca, nei suoi primordi, è stata avviata anticipandone in varie sedi alcuni aspetti, sia a stampa sia in forma elettronica, in particolare nell’ambito dell’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, in passato, con la scuola di Raffaello Morghen, campo eletto da questo tipo di studi. Cfr. A. Forni, Dialogo tra Dante e il suo maestro. La metamorfosi della Lectura super Apocalipsim di Pietro di Giovanni Olivi nella Divina Commedia, “Bullettino dell’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo”, 108 (2006), pp. 83-122. Quegli aspetti sono stati poi, nell’avanzare della ricerca, ripresi, di molto arricchiti e aggiornati, a partire dal 2009, in questo nuovo sito privato, che non si vuole cristallizzato ma campo aperto a un’indagine che è ben lungi dall’essere conclusa.
[3] Auerbach, Lingua letteraria e pubblico, p. 277.
[4] Ibid., p. 280.
[5] Ibid., p. 278.
[6] Ibid., p. 284.
[7] Ibid., p. 273.
[8] P. Vian, “Se il chicco di grano …”. Raoul Manselli, Pietro di Giovanni Olivi e il francescanesimo spirituale. Nuovi appunti di lettura, in “Nisi granum frumenti…”. Raoul Manselli e gli studi francescani, a cura di F. Accrocca (Bibliotheca Seraphico-Capuccina, 93), Roma, Istituto Storico dei Cappuccini, 2011, pp. 30-33.
[9] D. Flood, Le projet franciscain de Pierre Olivi, “Études Franciscaines”, n. s., 23 (1973), pp. 367-379: 376-377, citato e tradotto da P. Vian in Pietro di Giovanni Olivi, Scritti scelti (Fonti cristiane per il terzo millennio, 3), Roma 1989, p. 112.
[10] Auerbach, Lingua letteraria e pubblico, pp. 286-287.
[11] Cfr. P. Vian, Tempo escatologico e tempo della Chiesa: Pietro di Giovanni Olivi e i suoi censori, in Sentimento del tempo e periodizzazione della storia nel Medioevo. Atti del XXXVI convegno storico internazionale, Todi, 10-12 ottobre 1999 (Atti dei Convegni del Centro Italiano di Studi sul Basso Medioevo-Accademia Tudertina e del Centro di Studi sulla Spiritualità Medievale dell’Università degli Studi di Perugia, n.s., 13), Spoleto 2000, pp. 137-183: p. 183: “(…) con la sua concezione del tempo e della storia, appare come l’estrema espressione dell’escatologismo medievale (…)”.
AVVERTENZE
Tutte le citazioni della Lectura super Apocalipsim presenti nei saggi o negli articoli pubblicati su questo sito sono tratte dalla trascrizione, corredata di note e indici, del ms. Paris, Bibliothèque nationale de France, lat. 713 ((area della Francia meridionale), a disposizione fin dal 2009 sul sito medesimo. Come dimostrano gli innumerevoli segni vergati nei margini e nelle interlinee, il codice parigino era certamente nelle mani dei censori che, nel 1318-1319, esaminarono la «pestifera postilla» per incarico di papa Giovanni XXII. Su di esso, infatti, collazionarono i sessanta articoli estratti considerati eretici o erronei [cfr. P. Vian, Appunti sulla tradizione manoscritta della «Lectura super Apocalipsim» di Pietro di Giovanni Olivi, in Editori di Quaracchi 100 anni dopo. Bilancio e prospettive, Atti del Colloquio Internazionale, Roma 29-30 maggio 1995 (Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani. Pontificio Ateneo Antonianum), a cura di A. Cacciotti e B. Faes de Mottoni, Roma, 1997, pp. 373-409: pp. 395-401; A. Forni – P. Vian, Un codice curiale nella storia della condanna della Lectura super Apocalipsim di Pietro di Giovanni Olivi: il Parigino latino 713, «Collectanea Franciscana» 81 (2011), pp. 479-558; 82 (2012), pp. 563-677]. Nessun altro testimone, dei sedici trasmessici (dei quali ben dodici di area italiana), ha una simile importanza per antichità, autorevolezza e valore storico.
Nelle tabelle dove si confrontano Lectura e Commedia, è segnalato il capitolo e il versetto dell’Apocalisse (Ap) tra [ ], oppure il notabile del prologo della Lectura ; i passi scritturali ai quali si riferisce l’esegesi sono in tondo compresi tra “ ”. Gli interventi sul testo operati nella trascrizione sono fra [ ], per la loro giustificazione si rinvia al testo della Lectura pubblicato su questo sito, dove si troveranno anche i riferimenti alle fonti, esplicite o implicite. Eventuali inserzioni nel testo di elementi chiarificativi, ad esso estranei, sono tra ( ).
Non viene presa in considerazione l’edizione critica a cura di W. LEWIS (Franciscan Institute Publications, St. Bonaventure – New York, 2015) per le problematiche da essa poste, che sono discusse in “Archivum Franciscanum Historicum” 109 (2016), pp. 99-161. Il testo della Commedia citato è in Dante Alighieri, La Commedia secondo l’antica vulgata, a cura di G. PETROCCHI, Firenze 1994.
[All quotations from the Lectura super Apocalipsim in the essays or articles published in this website have been drawn from the transcription, with notes and indexes, of ms. Paris, Bibliothèque nationale de France, lat. 713, which has been available therein since 2009. The Biblical passages to which the exegesis refers are in Roman type in “ ”; for sources please refer to the online edition. The critical edition by W. LEWIS (Franciscan Institute Publications, St. Bonaventure – New York, 2015) has not been considered due to the issues it poses, which are discussed in “Archivum Franciscanum Historicum” 109 (2016), pp. 99-161. The text referring to the Commedia has been drawn from Dante Alighieri, La Commedia secondo l’antica vulgata, edited by G. PETROCCHI, Firenze 1994.]
I colori sono dei marcatori (sostituibili, se si vuole, con altri tipi) della presenza ciclica nei versi dei temi relativi ai singoli sette stati, cioè alle categorie storiche che organizzano il materiale esegetico offerto dall’Olivi. L’Apocalisse si divide in sette visioni: le sette chiese d’Asia, i sette sigilli, le sette trombe, la donna vestita di sole (le sette guerre sostenute dalla Chiesa), le sette coppe, il giudizio di Babylon nelle sette teste del drago, la Gerusalemme celeste. Le prime sei visioni possono essere a loro volta divise in sette momenti, ciascuno dei quali riferibile a uno dei sette stati. Assembrando, per le prime sei visioni, tutti i primi elementi (chiesa, sigillo, tromba, guerra, coppa, momento del giudizio di Babylon), tutti i secondi, i terzi e così di seguito, si ottengono sette gruppi di materia teologica, corrispondenti al complesso dei temi afferenti a ciascuno dei sette stati [*]. A questi sette gruppi se ne aggiungono altri due: l’esegesi della settima visione (senza articolazioni interne) e l’esegesi di capitoli del testo scritturale, o di parti di essi, introduttivi delle successive specificazioni delle singole visioni per settenari, che l’Olivi definisce «radicalia» o «fontalia». Si ottengono in tal modo nove gruppi: le parti proemiali, i sette assembramenti di settenari e la settima visione. Il grande prologo della Lectura, articolato in tredici notabilia, può essere anch’esso riaggregato secondo i sette stati.
A ogni gruppo è arbitrariamente assegnato un diverso colore: Radici (verde), I stato (verde acqua), II stato (rosso), III stato (nero), IV stato (viola), V stato (marrone), VI stato (blu), VII stato (indaco), VII visione (fucsia). Talora, per maggiore visibilità e resa, sono utilizzati colori diversi da quelli stabiliti (come l’arancione).
In questa sede non si tratta dei contenuti dottrinali, che sono esposti in vari saggi, pubblicati sul sito: I. Dante all’«alta guerra» tra latino e volgare. Postilla alle ricerche di Gustavo Vinay sul De vulgari eloquentia; II. L’agone del dubbio, ovvero il martirio moderno (Francesca e la «Donna Gentile») ; III. Il sesto sigillo (capitoli 1-10); cap. 11 (“Un cinquecento diece e cinque”), cap. 12 (“Il Veltro”); IV.“Lectura super Apocalipsim” e “Commedia”. Le norme del rispondersi ; V. Il Cristo di Dante ; VI. Amore angelico (Par. XXIII, 103-111); Topografia spirituale della Commedia: oltre al file principale, sono stati approfonditi: Il terzo stato. La ragione contro l’errore ; La settima visione (La Gerusalemme celeste, Ap XX-XXII) ; Lectura Dantis: Inferno VI, Inferno X; Inferno XXVI; Par. XII, 124-126. Ai sopraindicati saggi si rinvia qui nelle tabelle dimostrative. Per esempio, l’indicazione [III, 3, tab. XXVI], posta dopo la numerazione progressiva, rinvia al terzo saggio e al capitolo dove viene spiegata la singola tabella; oppure [La settima visione, III] rinvia alla parte ‘topografica’ già pubblicata.
Sugli aspetti generali della ricerca, cfr. Pietro di Giovanni Olivi e Dante. Un progetto di ricerca, «Collectanea Franciscana», 82 (2012), pp. 87-156.
[*] Il principio è chiaramente affermato nel notabile VIII del prologo: “(…) si omnia prima membra visionum ad invicem conferas et consimiliter omnia secunda et sic de aliis, aperte videbis omnia prima ad idem primum concorditer referri et consimiliter omnia secunda ad idem secundum et sic de aliis. Et hoc in tantum quod plena intelligentia eiusdem primi multum clarificatur ex mutua collatione omnium primorum, et idem est de omnibus secundis et tertiis et sic de aliis” (Pa, ff. 12vb-13ra).
1 |
[LSA, Prologus, Notabile V; Pa, f. 6ra](…) tuncque congrue instituta est vita condescensiva, ut nequeuntibus in arduis perdurare daretur locus gratie in mediocri statu.
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Inf. XII, 1-2; 7-10; Par. XXIII, 85-87Era lo loco ov’ a scender la riva
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2 |
[ibid.; Pa, f. 7ra](…) non tamen sic crebra et expressa mentio fit (…) |
Par. XIX, 69di che facei question cotanto crebra |
3 |
[LSA, Ap 13, 18 (IV vis., VI prel.); Pa, f. 150va](…) et exinde expellens clericos et priores episcopos qui semini Frederici et specialiter illi imperatori et sibi et suo statui fuerant adversati (…) |
Inf. X, 46-48poi disse: “Fieramente furo avversi
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4 |
[LSA, Ap 12, 6 (IV vis., I prel.); Pa, f. 130vb](…) “et Chermel”, id est Iudea, “in saltum” seu silvam “reputabitur”, id est silvestrescet (…) |
Inf. I, 5esta selva selvaggia e aspra e forte |
5
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[ibid.]“Erit desertum in Chermel” (Is 32, 15), id est [sic] pinguis in gratiis sicut prius fuerat Iudea, “et Chermel”, id est Iudea, “in saltum” seu silvam “reputabitur”, id est silvestrescet (…) |
Par. XI, 124-126, 137-139Ma ’l suo pecuglio di nova vivanda
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6 |
[ibid.; Pa, f. 130va-b]“Et mulier”, id est ecclesia, “fugit in solitudinem” (…) Tertium est plebs et terra gentilium, que tunc erat a Deo et a divino cultu deserta, et ad hanc ad litteram tunc confugit ecclesia, fugiendo Iudeorum obstinatam incredulitatem et persecutionem. De hac autem solitudine dicitur Isaie (…) capitulo LIIII° (Is 54, 1): “Letare, sterilis que non paris, quia multi filii deserte magis quam eius que habet virum”. |
Purg. XIV, 112-117O Bretinoro, ché non fuggi via,
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7 |
[LSA, Ap 18, 10 (VI vis.); Pa, f. 177vb]Et ideo convertentur ad luctum “dicentes”, scilicet plangendo (…) |
Inf. V, 126; XXXIII, 9dirò come colui che piange e diceparlare e lagrimar vedrai insieme |
8 |
[LSA, Ap 1, 13 (I vis., radix); Pa, f. 29ra]Licet enim mortalitas et passibilitas et omnis infirmitas esset tunc a Christi corpore per gloriam ablata, nichilominus retinuit in ceteris priorem similitudinem quam habuit in hac vita mortali. |
Inf. XVIII, 83-85mi disse: “Guarda quel grande che vene,
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9 |
[LSA, Ap 2, 5 (I vis., I eccl.); Pa, f. 39rb](…) et sequebantur ut magistram et primam, tamquam per eam illuminati in Christo et tracti ad Christum (…) |
Purg. XXII, 66e prima appresso Dio m’alluminasti |
10 |
[ibid.]Primum est inanis gloria et superba presumptio de suo primatu et primitate, quam scilicet habuit non solum ex hoc quod prima in Christum credidit, nec solum ex hoc quod fideles ex gentibus ipsam honorabant et sequebantur ut magistram et primam, tamquam per eam illuminati in Christo et tracti ad Christum, sed etiam ex gloria suorum patriarcharum et prophetarum et divine legis ac cultus legalis longo tempore in ipsa sola fundati. |
Purg. XI, 79-81, 121-123“Oh!”, diss’ io lui, “non se’ tu Oderisi,
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[ibid.]Primum est inanis gloria et superba presumptio de suo primatu et primitate, quam scilicet habuit non solum ex hoc quod prima in Christum credidit, nec solum ex hoc quod fideles ex gentibus ipsam honorabant et sequebantur ut magistram et primam, tamquam per eam illuminati in Christo et tracti ad Christum, sed etiam ex gloria suorum patriarcharum et prophetarum et divine legis ac cultus legalis longo tempore in ipsa sola fundati. |
Inf. I, 82-87O de li altri poeti onore e lume,
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[LSA, Ap 3, 11 (I vis., VI eccl.); Pa, f. 51va]Ne ergo de suo primatu superbiant aut insolescant, quasi non possint ipsum perdere aut quasi alius nequeat substitui eis et fieri eque dignus, insinuatur eis predicta translatio. Secunda ratio est quia uterque eorum substitutus est alteri. Nam gloria que fuerat sinagoge parata et pontificibus suis, si in Christum credidissent, translata fuit ad primitivam ecclesiam et ad pastores eius. |
Purg. XI, 88, 97-98Di tal superbia qui si paga il fioCosì ha tolto l’uno a l’altro Guido
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[LSA, Ap 7, 3 (II vis., VI sig.); Pa, f. 86va]Signatio hec fit (…) autem “in frontibus”, quando signatis datur constans et magnanimis libertas ad Christi fidem publice confitendam et obser-vandam et predicandam et defendendam. In fronte enim apparet signum audacie et strenuitatis vel formidolositatis et inhertie, et signum gloriationis vel erubescentie. |
Inf. I, 81; II, 43-45; X, 35, 73-74, 93; Purg. XI, 133-135rispuos’ io lui con vergognosa fronte“S’i’ ho ben la parola tua intesa”,
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[LSA, Ap 7, 4 (II vis., VI sig.); Pa, f. 88va](…) designatur familiarior signatio et notitia et amicitia apud Deum. |
Inf. II, 61; V, 91; Purg. XIII, 145-147; Par. XII, 132; XXV, 89-90l’amico mio, e non de la venturase fosse amico il re de l’universo“Oh, questa è a udir sì cosa nuova”,
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[ibid.](…) sunt digniores ceteris, qui absque scriptura et numero ad vulgarem et pedestrem militiam vel familiam eliguntur. |
Inf. II, 105; Par. XVI, 130-132ch’uscì per te de la volgare schierada esso ebbe milizia e privilegio;
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[ibid.; Pa, f. 88rb]Igitur per hunc numerum, prout est certus et diffinitus, designatur singularis dignitas signatorum. |
Par. XI, 118-120Pensa oramai qual fu colui che degno
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[LSA, Ap 2, 17 (I vis., III vict.); Pa, f. 34ra]Tertia (victoria) est victoriosus ascensus super phantasmata suorum sensuum, quorum sequela est causa errorum et heresum. Hic autem ascensus fit per prudentiam effugantem illorum nubila et errores ac impetus precipites et temerarios ac tempestuosos. Hoc autem competit doctoribus phantasticos hereticorum errores expugnantibus, quibus et competit premium singularis apprehensionis et degustationis archane sapientie Dei, de quo tertie ecclesie dicitur: “Vincenti dabo manna absconditum, et dabo ei calculum lucidum, et in calculo nomen novum scriptum, quod nemo novit, nisi qui accipit”. |
Purg. XVII, 13-16, 40-45O imaginativa che ne rube
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[LSA, Ap 2, 26-28 (I vis., IV vict.); Pa, f. 34rb]Quarta (victoria) est victoriosus effectus, quando scilicet omnes vires corporis et mentis assidue et totaliter perfectis virtutum operibus dedicantur, nec ex longa continuatione operis remittuntur sed potius intenduntur et roborantur et ad fortia opera superexcrescunt (…) |
Inf. II, 16-18, 25-27Però, se l’avversario d’ogne male
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[LSA, Ap 3, 5 (I vis., V vict.); Pa, ff. 34vb-35ra]Quinta (victoria) est victoriosus descensus ad opera condescensionis et pietatis, qui tunc est victoriosus quando nichil sordis vel imperfectionis accipit ex consortio infirmorum quibus condescendit nec ex sua condescensione, immo inter carnales et laxos et immundos vivit sic immaculate et sancte ac si esset in solitudine vel inter austerrimos et perfectos, quod quidem patet tunc arduissimum tam in puritate quam in pietate misericordi et competit perfectis patribus quinti status (…) quia isti ex multitudine immundorum, inter quos quasi sepulti et innominati vixerunt, et ex condescensione ad eos, visi sunt quasi infirmi et nulli, unde nec habuerunt nomen seu famam summe perfectorum, ideo digni sunt habere singulare nomen in gloria Dei et quod singulariter commendentur a Christo coram tota curia celi.[LSA, Prologus, Notabile VI (V vict.); Pa, f. 8vb](…) et condescensivum contubernium vite domestice seu cenobitice (…)[LSA, Notabile VII; Pa, f. 10ra](…) licet condescensio quinti status in infirmis, pro quibus fit, sit imperfectior, in sanctis tamen, arduas perfectiones priorum statuum in habitu mentis tenentibus et ex sola caritate et infirmorum utilitate condescendentibus, est ipsa condescensio ad perfectionis augmentum, prout patet in Christo infirmis condescendente. |
Inf. VII, 97, 104-105; VIII, 19-21, 25; XV, 43-44; XXII, 13-15; XXIII, 1-3; Par. XXI, 64-66, 70-72Or discendiamo omai a maggior pieta ……
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[LSA, Ap 3, 5 (I vis., V vict.); Pa, ff. 34vb-35ra]Quinta (victoria) est victoriosus descensus ad opera condescensionis et pietatis, qui tunc est victoriosus quando nichil sordis vel imperfectionis accipit ex consortio infirmorum quibus condescendit nec ex sua condescensione, immo inter carnales et laxos et immundos vivit sic immaculate et sancte ac si esset in solitudine vel inter austerrimos et perfectos, quod quidem patet tunc arduissimum tam in puritate quam in pietate misericordi et competit perfectis patribus quinti status (…) quia isti ex multitudine immundorum, inter quos quasi sepulti et innominati vixerunt, et ex condescensione ad eos, visi sunt quasi infirmi et nulli, unde nec habuerunt nomen seu famam summe perfectorum, ideo digni sunt habere singulare nomen in gloria Dei et quod singulariter commendentur a Christo coram tota curia celi. |
Purg. XI, 55-57; XVIII, 82-84; Par. XV, 25-27, 43-45cotesti, ch’ancor vive e non si noma,
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[LSA, Ap 7, 7 (II vis., VI sig.); Pa, f. 90ra, va, vb]Septimo exigitur devota oratio supernarum gratiarum impetrativa et exauditione digna, quam designat Simeon, qui interpretatur auditio vel exaudibilis. (…) Primum est suspiriosa et gemebunda devotio, et hoc est Simeon, id est audiens merorem seu exaudibilis. (…) Primo scilicet benigne miserationis pia condescensio, et hoc est Simeon, id est audiens merorem. |
Inf. II, 106, 133; IV, 13, 19-21, 25-27Non odi tu la pieta del suo pianto ……
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[ibid.]Septimo exigitur devota oratio supernarum gratiarum impetrativa et exauditione digna, quam designat Simeon, qui interpretatur auditio vel exaudibilis. (…) Primum est suspiriosa et gemebunda devotio, et hoc est Simeon, id est audiens merorem seu exaudibilis. (…) Primo scilicet benigne miserationis pia condescensio, et hoc est Simeon, id est audiens merorem. |
Purg. XX, 16-18; XXXIII, 4-6Noi andavam con passi lenti e scarsi,
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[ibid.]Septimo exigitur devota oratio supernarum gratiarum impetrativa et exauditione digna, quam designat Simeon, qui interpretatur auditio vel exaudibilis. (…) Primum est suspiriosa et gemebunda devotio, et hoc est Simeon, id est audiens merorem seu exaudibilis. (…) Primo scilicet benigne miserationis pia condescensio, et hoc est Simeon, id est audiens merorem. |
Par. XXXI, 61-63; XXXII, 147-148; XXXIII, 16-19, 40-42Diffuso era per li occhi e per le gene
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[LSA, Ap 7, 8 (II vis., VI sig.); Pa, f. 90rb]Post hoc autem duodecimo ascenditur ad extaticam contemplationem et pacem que exsuperat omnem sensum, per quam quidem tota mens moritur sibi ipsi et huic vite ut transeat ad dexteram Dei, et hec designatur per Beniamin, qui in Psalmo dicitur “adole[s]centulus in mentis excessu” (Ps 67, 28), et qui interpretatur filius dextere dictusque est primo a matre Bennoni, id est filius doloris, quia in partu eius obiit pro dolore (cfr. Gn 35, 18). |
Purg. III, 73-75; V, 58-63; Par. V, 115-117“O ben finiti, o già spiriti eletti”,
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[LSA, Ap 2, 22 (I vis., IV eccl.); Pa, f. 44vb]Nota quod est lectus quietis, et de hoc non loquitur hic; et est lectus doloris, de quo in Psalmo XL° dicitur (Ps 40, 4): “Dominus opem ferat illi super lectum doloris eius”, et de hoc loquitur hic. Unde, secundum Ricardum, alia translatio habet: “Mitto eam in luctum”. Loquitur autem ac si tot morbis et plagis eam percuteret quod semper infirma et prostrata iaceret in lecto, et loquitur per contrapositionem ad lectum sue luxurie. |
Inf. XIV, 8-10, 22; XXIX, 46, 58-59, 67-68, 70-72; Purg. VI, 149-151; VII, 107-111; Par. VII, 28-29dico che arrivammo ad una landa
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33 |
[LSA, Ap 1, 1 (Titulus); Pa, ff. 21vb-22ra]Nota etiam quod potius dicit revelatio quam visio, quia magis significat donum et gratiam revelantis et archanam occultationem eius, nisi dono Dei eius velamen auferatur seu aperiatur. |
Purg. XXIII, 112-114; XXXI, 136-138; Par. XXIX, 133-135Deh, frate, or fa che più non mi ti celi!
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34 |
[ibid.; Pa, f. 22ra]Et ideo dicit quod est “apocalipsis Ihesu Christi”, id est a Ihesu Christo facta, “quam dedit illi Deus”, scilicet Pater et tota Trinitas; “dedit”, inquam, non solum ut eam sciret, sed etiam “palam facere”, id est ad manifestandum, “servis suis que oportet fieri cito”. In quo tangit causam materialem, quia est de futuris que non ex absoluta necessitate, sed respectu infallibilitatis divine prescientie et respectu utilitatis ac necessitatis ecclesie et respectu iustitie Dei retributive et respectu malitie reproborum, “oportet fieri”. |
Inf. VII, 89; XII, 86-87necessità la fa esser velocemostrar li mi convien la valle buia;
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89 |
[LSA, Ap 11, 8 (III vis., VI tub.); Pa, f. 123va](…) “in plateis civitatis magne”, scilicet Iherusalem, que olim fuit magna per iustitiam, tunc autem erit magna per malitiam (…) |
Inf. XXIII, 95sovra ’l bel fiume d’Arno a la gran villa |
90 |
[LSA, Ap 17, 13 (VI vis.); Pa, f. 174vb](…) id est concordi et unanimi consilio et consensu convenient insimul contra Christum et electos eius (…) |
Inf. XXIII, 116
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91 |
[LSA, Ap 17, 15 (VI vis./III); Pa, f. 175rb](…) quia scilicet sicut aque sua labilitate defluunt ita populi sua mortalitate pertranseunt (…) |
Par. VI, 50-51che di retro ad Anibale passaro
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92 |
[LSA, Ap 9, 5-6 (III vis., V tub.); Pa, f. 104rb]Hoc autem instar scorpii faciunt sub blanda specie et quasi sub pio zelo erudiendi eos ab errore et dampnatione et reducendi eos ad viam salutis.
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Inf. XXI, 111, 125; Purg. XX, 69presso è un altro scoglio che via face ……
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93 |
[LSA, Ap 9, 6 (III vis., V tub.); Pa, f. 104va](…) propter scilicet nimium cruciatum sui dubii, tamquam ex hoc timentes dampnari et in utraque parte, scilicet falsa et vera, timentes errare.
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Inf. VIII, 110-111; Purg. XXI, 115; XXV, 115-120; Par. IV, 4-5 …………….. e io rimagno in forse,
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94 |
[ibid.; Pa, ff. 102va, 104va]Quinto describit gravitatem doloris predictorum lesuram consequentis et concomitantis, unde subdit: “sed ut cruciarent mensibus quinque, et cruciatus eorum ut cruciatus scorpii, cum percutit hominem. Et in diebus illis querent homines mortem et non invenient eam et desiderabunt mori, et fugiet mors ab illis”. (…) De predictis autem sic scorpionali stimulo et dubio fortiter cruciatis, non tamen in eorum heresim transductis nec a fide vera simpliciter extinctis, subditur quod tales “querent mortem et non invenient”, propter scilicet nimium cruciatum sui dubii, tamquam ex hoc timentes dampnari et in utraque parte, scilicet falsa et vera, timentes errare. |
Purg. XVI, 53-54, 121-123; Par. X, 133-135…………………….ma io scoppio
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95 |
[LSA, Ap 3, 15 (I vis., VII eccl.); Pa, f. 53ra](…) et consimiliter de vino putrefacto est impossibilius facere bonum vinum quam de humore aqueo qui transit in vitem. |
Purg. XXV, 77-78guarda il calor del sol che si fa vino,
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96 |
[LSA, Ap 5, 13 (II vis., radix); Pa, f. 71ra-b]“Et omnem creaturam” et cetera, id est non solum dignus est predicta septem accipere per laudem et gratiarum actionem (…) |
Purg. XI, 4-6
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97 |
[LSA, Ap 22, 16 (VII vis.); Pa, f. 206va]Sexto loquitur ut sue regalis auctoritatis et magistralis et exemplaris claritatis manifestator (…)[Matteo 26, 73: nam et loquela tua manifestum te facit]
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Inf. X, 25; Par. XXIV, 52-54, 151-154La tua loquela ti fa manifesto“Dì, buon Cristiano, fatti manifesto:
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98 |
[LSA, Ap 1, 6 (Salutatio: sextus primatus Christi secundum quod homo); Pa, f. 25vb](…) “fecit nos regnum” celestis glorie quia facturus est, et hoc sic ac si iam esset factum (…) Et nota quod regnum attribuit nobis quasi passive seu subiective (…) |
Par. VI, 83-84
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99
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[LSA, Ap 7, 16 (II vis., VI sig.); Pa, f. 92va](…) aut cuiuscumque desiderii non habentis plene et indistanter quod optat. |
Inf. XXX, 62
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100
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[LSA, Ap 2, 24 (I vis., IV eccl.); Pa, f. 45va-b]Ne autem boni propter tantam severitatem iudiciorum Dei credant se ad alia graviora et quasi importabilia teneri, ideo hoc excludit (…) “qui non cognoverunt”, scilicet affectu et opere, “altitudinem Sathane”, id est altam superbiam et profundam malitiam diaboli; “vobis”, inquam talibus, “dico” quod “non mittam”, id est non imponam, “super vos aliud pondus”, scilicet preceptorum (…) |
Inf. VI, 70-71; XXIII, 64-66; Par. VIII, 79-81
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101
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[LSA, Ap 19, 15 (VI vis.); Pa, f. 184vb](…) necesse est ut tunc temporis sentiant severitatem et fortitudinem discipline eius, ut saltem sero subiciantur sceptro ipsius. |
Inf. XXV, 32-33
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102
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[LSA, Ap 2, 10 (I vis., II eccl.); Pa, f. 41rb](…) quia vero iacula que previdentur minus feriunt (…) |
Par. XVII, 27
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103
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[LSA, Ap 3, 7 (I vis., VI eccl.); Pa, f. 48rb](…) “cum venerit ille Spiritus veritatis, docebit vos omnem veritatem” (Jo 16, 13) (…) |
Purg. XXV, 67-68Apri a la verità che viene il petto;
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104
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[LSA, Ap 12, 14 (IV vis., III-IV prel.); Pa, f. 138vb](…) sicut cum imperium romanum fuit sibi famulatorie et devote subiectum. |
Par. XXXI, 117cui questo regno è suddito e devoto
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105
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[LSA, Ap 8, 13 (III vis., IV tub.); Pa, f. 100rb]Vidit quidem ipsam aquilam et audivit vocem ipsius. |
Par. XIX, 10
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106
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[LSA, Ap 6, 8 (II vis., IV sig.); Pa, f. 78rb](…) invitat nos non solum ad contemplandum sed etiam ad compatiendum et imitandum. |
Par. XX, 31-32La parte in me che vede e pate il sole
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107 |
“veni et vide” (Ap 6, 1-2; 6, 3; 6, 5; 6, 7)
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Purg. VI, 106, 109, 112, 115
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108
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[LSA, Ap 8, 12 (III vis., IV tub.); Pa, f. 99va]Per “solem” videtur hic designari solaris vita et contemplatio summorum anachoritarum, qui fuerunt patres et exempla aliorum (…) |
Par. XXII, 116
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109
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[LSA, Ap 7, 13-14 (II vis., VI sig.); Pa, f. 92ra-b]“Et dixit mihi: hii, qui amicti sunt stolis albis, qui sunt”, id est quales et quante dignitatis, “et unde venerunt”, id est ex quibus meritis et per quam viam sanctitatis ad tantam gloriam pervenerunt? (…) “Et dixi illi: Domine mi, tu scis”, quasi dicat: ego nescio, sed tu doce me, quia tu hoc scis.
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Inf. XXXIII, 10-11Io non so chi tu se’ né per che modo
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110 |
[LSA, Ap 16, 10 (V vis., V ph.); Pa, f. 164ra](…) et quia quoad speciem habitus videntur esse unius ordinis cum eis (…)
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Inf. XVI, 7-9; XXXIII, 11-12Venian ver’ noi, e ciascuna gridava:
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111
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[LSA, Ap 21, 2 (VII vis.); Pa, f. 194rb-va](…) que non solum legi et intelligi potuerunt a discipulis veritatis, immo et oculis videri et auribus audiri; illa autem que sursum est Iherusalem non potest modo videri oculis nec in scripturis sicut est invenitur expressa. |
Inf. XXXIII, 19, 30però quel che non puoi avere intesoper che i Pisan veder Lucca non ponno
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112 |
[LSA, Ap 9, 9 (III vis., V tub.); Pa, f. 104vb](…) disseminant verba sua (…) |
Inf. XXXIII, 7Ma se le mie parole esser dien seme |
113 |
[LSA, Ap 9, 8 (III vis., V tub.); Pa, f. 103rb]Pro quinta dicit: “Et dentes e[a]rum sicut dentes leonum erant”, tum per crudelitatem detractionum vitam et famam alienam corrodentium (…)
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Inf. XXXII, 127-131; XXXIII, 8e come ’l pan per fame si manduca,
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[LSA, Ap 16, 10-11 (V vis., V ph.); Pa, f. 164ra-b](…) efficitur regnum eius tenebrosum, tum quia ambitio cecat oculos eorum, tum quia odium, quod concipiunt contra eos qui se increpant, aufert omnino lumen ab oculis eorum. Quia etiam tales, quando a viris spiritualibus impediti non possunt obtinere quod cupiunt, pre dolore cordis in detractionem eorum, qui se increpant, protinus erumpunt, ideo sequitur: “Et commanducaverunt linguas suas pre dolore” (Ap 16, 10). Lingue, secundum Ioachim, dicuntur hii qui habent ignem zeli Dei et ardorem loquendi contra iniurias Dei, quas increpati ab eis commanducant cum non metuunt detrahere ipsis. Vel, secundum Ricardum, linguas suas pre dolore comedunt quia proprium sermonem per invidiam et detractionem corrumpunt. Vel linguam propriam comedunt, quia intra se pre livore invidie tabescunt et se ipsos ac sui gaudii quietum saporem omnino destruunt et corrodunt. “Et blasphemaverunt Deum celi pre doloribus et vulneribus suis” (Ap 16, 11), id est pre livoribus invidie et vulneribus confessionis per confusivas increpationes sanctorum inflictis. Deum autem blasphemant, cum divinam gratiam et veritatem et divinum zelum sanctorum odiunt et maledicunt. “Et non egerunt penitentiam ex operibus suis” scilicet malis, immo, supple, amplius obstinati sunt in illis peragendis. |
Inf. XXXII, 127-135; XXXIII, 4-5, 58-60, 72-73, 76-78e come ’l pan per fame si manduca,
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115
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[LSA, Ap 2, 10 (I vis., II eccl.); Pa, f. 40va-b]Secundo eius ad futuras passiones impavide expectandas et tolerandas confortatio, ibi: “Nichil horum timeas”.
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Inf. VIII, 104-107; Purg. IX, 43, 46mi disse: “Non temer; ché ’l nostro passo
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116
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[LSA, Ap 2, 8 (I vis., II eccl.); Pa, f. 40vb](…) non diffidas te a tuis passionibus per me salvandum (…)[LSA, Ap 2, 10 (I vis., II eccl.); Pa, ff. 40va-b, 41rb]Secundo eius ad futuras passiones impavide expectandas et tolerandas confortatio, ibi: “Nichil horum timeas” (…) “Nichil horum timeas que passurus es”, quasi dicat: passurus quidem es multa, sed non oportet te timere illa, tum quia ego semper tecum ero et protegam, tum quia non sunt ad tuum dampnum, sed potius ad probationem et ad amplius meritum et ad maioris corone triumphum et premium (…) Tertio futurarum passionum eius predictio (…) Ideo specificat sibi aliqua de hiis que est passurus in se vel saltem in suis, unde subdit: “Ecce missurus est diabolus ex vobis in carcerem”. |
Inf. II, 12; V, 19; XXVII, 100; XXXIII, 17; Purg. III, 22-24; Inf. XIII, 12; XXXIII, 27, 41; Purg. XIV, 67prima ch’a l’alto passo tu mi fidiguarda com’ entri e di cui tu ti fideE’ poi ridisse: “Tuo cuor non sospetti”fidandomi di lui, io fossi presoe ’l mio conforto: “Perché pur diffidi?”,
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[LSA, Ap 12, 4 (IV vis., I prel.); Pa, ff. 129vb-130ra]“(…) si eum cognovissent, numquam Dominum glorie crucifixissent” (1 Cor 2, 8), dicunt sancti quod si demones indubitabiliter scivissent Christum esse Dominum glorie, numquam ipsum crucifigi fecissent vel instigassent.[LSA, Ap 11, 3 (III vis., VI tub.); Pa, f. 120rb](…) unde et Iohannis ultimo allegorice designatur per [Petrum], cui di[c]it Christus: “Pasce oves meas”, et “cum senueris extendes manus tuas”, scilicet in cruce (Jo 21, 17-19) (…) |
Inf. XIII, 46-51“S’elli avesse potuto creder prima”,
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118
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[LSA, Ap 6, 12-17 (II vis., VI sig.); Pa, f. 82vb](…) quia populus christianus fuit per viros evangelicos multipliciter, saltem trina citatione, citandus ad penitentiam (…) |
Purg. XIX, 34-35…………. e ’l buon maestro: “Almen tre
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119
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[LSA, Ap 9, 14 (III vis., VI tub.); Pa, f. 110rb]Potestas enim pape et multitudo plebium sibi obediens et favor ipsius est quasi magnus fluvius Eufrates impediens transitum et insultum emulorum evangelici status in ipsum (…) |
Par. IX, 124-126perch’ ella favorò la prima gloria
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120 |
[LSA, Ap 10, 3 (III vis., VI tub.); Pa, f. 116ra](…) quia cum clausus erat liber videbantur aliquantulam excusationem habere, ex quo autem est apertus nullum velamen excusationis relinquitur eis (…)
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Purg. IX, 110; X, 6; XV, 130-131misericordia chiesi e ch’el m’aprissse……qual fora stata al fallo degna scusa?Ciò che vedesti fu perché non scuse
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121
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[LSA, Ap 22, 10 (VII vis.); Pa, f. 205rb-206ra]Unde subdit: “Et dixit michi”, scilicet angelus, “Ne signaveris”, id est non occultes nec sub sigillo claudas, “verba prophetie huius libri” (…) Quarta (responsio) est quod supra precipit ut non revelet omnia omnino nude et absque figuris, hic vero quod revelet ea prout hic sunt scripta, quedam scilicet proprie et clare et quedam sub velaminibus figurarum, et deinde quod exponantur prout et quantum expedit et non plus. |
Purg. XXXIII, 52-53, 100-102; Par. XXVII, 66Tu nota; e sì come da me son porte,
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122 |
[LSA, Ap 18, 1 (VI vis./IV); Pa, ff. 175vb-176ra](…) quia non in obscuro enigmate, sed sicut in claritate solis annuntiabit hominibus veritatem.
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Par. XVII, 31, 34-35
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123
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[LSA, Prologus, Notabile IV; Pa, f. 5ra]Et hinc est quod Isaias et Ieremias et ceteri prophete veteris testamenti predixerunt aliqua suis temporibus per facti evidentiam verificata (…) |
Purg. XXXIII, 49
ma tosto fier li fatti le Naiade |
124
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[LSA, Ap 6, 14 (II vis., VI sig.); Pa, f. 84rb](…) et “insule”, id est monasteria et magne ecclesie in hoc mundo quasi in solo seu mari site, movebuntur “de locis suis”, id est subvertentur et eorum populi in mortem vel in captivitatem ducentur.
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Inf. XXXIII, 82; Par. VIII, 73-75
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125
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[LSA, Ap 16, 19 (VI vis., radix); Pa, f. 167va]Ex hiis autem sequetur divisio que subditur: “Et facta est civitas magna in tres partes”. |
Par. XVI, 154né per divisïon fatto vermiglio |
126
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[ibid.]“partes due in ea dispergentur et deficient” (Zc 13, 8) |
Inf. X, 48sì che per due fïate li dispersi |
127 |
[LSA, Ap 16, 20 (VI vis., radix); Pa, f. 168ra]Sicut in terra nichil firmius et eminentius aut tutius quam montes (…) |
Purg. XXXII, 148
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128
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[LSA, Ap 3, 7 (I vis., VI eccl.); Pa, f. 48va-b](…) ideo non dabitur ei tantum robur virtutis ad fortia opera sicut datum est primis statibus et specialiter quarto (…) Propter igitur utramque causarum predictarum dicitur hic mistice de sexto statu quod modicam habet virtutem et quod loco huius apertum est sibi hostium contemplationis et predicationis. |
Inf. II, 11, 129-130guarda la mia virtù s’ell’ è possentesi drizzan tutti aperti in loro stelo,
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129
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[LSA, Ap 10, 2 (III vis., VI tub.); Pa, f. 115vb]Et nota quod hic angelus non posuit supra se mare et terram, sed potius sub pedibus suis, quia per altissimam paupertatem et austeritatem et humilitatem omnes mundanas divitias et honores et delicias sub suis pedibus conculcavit nullique adulatorie aut pro mundano questu se carnaliter seu viliter subdens. |
Par. XXII, 128-129, 134-135rimira in giù, e vedi quanto mondo
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130
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[LSA, Ap 12, 1 (IV vis., radix); Pa, f. 127va](…) et “lunam”, id est temporalia instar lune mutabilia et de se umbrosa, et figuralem corticem legis et sinagoge, ac mundanam scientiam et prudentiam instar lune mutabilem et nocturnam et frigidam seu infrigidativam, tenens sub pedibus, id est partim eam spernens et conculcans et partim suo famulatui eam subiciens (…)
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Inf. XXIX, 10; Par. XXII, 128-129, 139-141E già la luna è sotto i nostri piedi
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131 |
[LSA, Ap 12, 6 (IV vis., I prel.); Pa, f. 132va](…) novum testamentum differt a veteri sicut sol a luna, et ideo generationes veteris testamenti ad modum lune crescentis et decrescentis cucurrerunt per dissimiles annos. |
Par. XVI, 82-84, 91E come ’l volger del ciel de la luna
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132
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[LSA, incipit; Pa, f. 1ra-b]“Erit lux lune sicut lux solis, et lux solis erit septempliciter sicut lux septem dierum, in die qua alligaverit Dominus vulnus populi sui et percussuram plage eius sanaverit”. In hoc verbo, ex XXX° capitulo Isaie (Is 30, 26) assumpto, litteraliter prophetatur precellentia fulgoris celestium luminarium, quam in fine mundi ad pleniorem universi ornatum Dei dono habebunt. Allegorice vero extollitur gloria Christi et novi testamenti. Novum enim testamentum se habet ad vetus sicut sol ad lunam, unde IIa ad Corinthios III° (2 Cor 3, 7-8) dicit Apostolus: “Quod si ministratio mortis”, id est veteris legis mortem et dampnationem per accidens inducentis, “fuit in gloria, ita ut non possent filii Israel intendere in faciem Moysi propter gloriam vultus eius, que evacuatur”, id est que fuit temporalis et transitoria, “quomodo non magis ministratio spiritus”, id est spiritualis gratie et sapientie Christi, “erit in gloria?”. Tempore autem quo Christus erat nostra ligaturus vulnera sol nove legis debuit septempliciter radiare et lex vetus, que prius erat luna, debuit fieri sicut sol. Nam umbra sui velaminis per lucem Christi et sue legis aufertur secundum Apostolum, capitulo eodem dicentem quod “velamen in lectione veteris testamenti manet non revelatum, quoniam in Christo evacuatur”. Unde “usque in hodiernum diem, cum legitur Moyses”, id est lex Moysi, “velamen est positum super cor” Iudeorum; “cum autem conversus fuerit ad Dominum, auferetur velamen. Nos vero revelata facie gloriam Domini speculantes in eandem imaginem transformamur a claritate in claritatem” (2 Cor 3, 14-16, 18). Et subdit (2 Cor 4, 6): “Quoniam Deus, qui dixit de tenebris lucem splendescere”, id est qui suo verbo et iussu de tenebrosa lege et prophetarum doctrina lucem Christi eduxit, “ipse illuxit in cordibus nostris ad illuminationem scientie et claritatis Dei in faciem Christi Ihesu”, scilicet existentis et refulgentis. (…)
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Par. XXIII, 16-21, 25-33Ma poco fu tra uno e altro quando,
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133
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[LSA, Ap 12, 14 (IV vis., III-IV prel.); Pa, f. 140ra]Nempe et ecclesia ipsa virginum, que in muliere significatur, est mater et nutrix fidelium, quia Virgo portavit Christum in utero, Virgo peperit et lactavit? Tales etiam viri et mulieres in signa fuere (…)
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Purg. XXI, 97-98; XXII, 101-105; XXIX, 37de l’Eneïda dico, la qual mamma
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134
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[LSA, Ap 3, 7 (I vis., VI eccl.); Pa, f. 49rb](…) quia potius prefertur eis in pati seu recipere quam in agere vel dare (…)
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Purg. XXV, 47; Par. II, 35, 38l’un disposto a patire, e l’altro a farene ricevette, com’ acqua recepe ……
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135
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[LSA, Ap 1, 12 (I vis., radix); Pa, f. 28vb](…) et in candelabri formam producitur et instrumentum ignis et luminis efficitur, |
Purg. XXIX, 52Di sopra fiammeggiava il bello arnese
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136
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[segue]sic ecclesie temptationibus probate et persecutionibus extenuate ardent caritate et lucent sapientia et veritate et exemplari opere. |
Purg. XXIX, 61-62………………. Perché pur ardi
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137
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[LSA, Ap 1, 13 (I vis., radix); Pa, f. 29rb-va]Succingi circa renes designat restrictionem inferiorum concupiscentiarum et operum carnis.
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Inf. XVI, 106-108; XXXI, 85-87Io avea una corda intorno cinta,
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138
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[ibid.; Pa, f. 29va]Precingi vero ad mamillas designat restrictionem omnis impuri cogitatus et affectus cordis. Intellectus enim et voluntas sunt quasi due mamille mentis, propinantes lac sapientie et amoris.
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Inf. XX, 52; Par. XXVII, 112-114E quella che ricuopre le mammelleLuce e amor d’un cerchio lui comprende,
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139
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[ibid.]Item cingi zona pellicea, id est de corio animalium mortuorum, est timore mortis seu pene castitatem servare.
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Par. XV, 112-113, 115-116Bellincion Berti vid’ io andar cinto
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140
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[ibid.]Cingi vero zona aurea est ex mero et solido caritatis ardore eam (castitatem) servare.
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Par. X, 67-69; XXIX, 1-6così cinger la figlia di Latona
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141
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[LSA, Ap 1, 14 (I vis., radix); Pa, f. 29va]Quarta (perfectio summo pastori condecens) est reverenda et preclara sapientie et consilii maturitas per senilem et gloriosam canitiem capitis et crinium designata (…) |
Inf. XXVII, 116-117perché diede ’l consiglio frodolente,
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142
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[ibid.]Quarta (perfectio summo pastori condecens) est reverenda et preclara sapientie et consilii maturitas per senilem et gloriosam canitiem capitis et crinium designata, unde subdit: “caput autem eius et capilli erant candidi tamquam lana alba et tamquam nix”. |
Inf. III, 83, 97
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143
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[ibid.]Quarta (perfectio summo pastori condecens) est reverenda et preclara sapientie et consilii maturitas per senilem et gloriosam canitiem capitis et crinium designata, unde subdit: “caput autem eius et capilli erant candidi tamquam lana alba et tamquam nix”. |
Purg. I, 31-35vidi presso di me un veglio solo,
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144 |
[ibid.](…) et candor intensior nostroque visui intolerabilior (…) |
Par. XIV, 77-78come si fece sùbito e candente
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145 |
[LSA, Ap 1, 14 (I vis., radix); Pa, f. 29vb]Quinta (perfectio summo pastori condecens) est contemplationis speculative et practice zelativus et perspicax fervor et splendor, omnes actus et intentiones et nutus ecclesiarum circumspiciens, unde subdit: “et oculi eius velut flamma ignis”. |
Inf. III, 99; Par. XXXIII, 129che ’ntorno a li occhi avea di fiamme roteda li occhi miei alquanto circunspetta
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146 |
[LSA, Ap 1, 14-15 (I vis., radix); Pa, ff. 29va-30ra]Quarta (perfectio summo pastori condecens) (…) unde subdit: “caput autem eius et capilli erant candidi tamquam lana alba et tamquam nix”. Sicut autem in lana est calor fomentativus et mollities corpori se applicans, et candor contemperatior et suavior quam in nive, sic in nive est frigiditatis et congelationis algor et rigor et candor intensior nostroque visui intolerabilior, est etiam humor sordium purgativus et terre impinguativus. Per que designatur quod Christi sapientia est partim nobis condescensiva et sui ad nos contemperativa nostrique fomentativa et sua pietate calefactiva, partim autem est a nobis abstracta et nobis rigida nimisque intensa, nostrarumque sordium purgativa nostreque hereditatis impinguativa. (…)
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Purg. XXX, 70-72, 79-102regalmente ne l’atto ancor proterva
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147 |
[LSA, Ap 1, 5 (Salutatio: primatus Christi secundum quod homo); Pa, f. 25rb-va]Secundo primatum resurrectionis, cum dicit: “primo-genitus ex mortuis”. (…)
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Par. VIII, 34-39, 55-60; IX, 91-93:Noi ci volgiam coi principi celesti
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148
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[LSA, Ap 1, 7 (Salutatio: septimus primatus Christi secundum quod homo); Pa, f. 26ra]Septimo ascribit ei primatum iudiciarie retributionis omnium bonorum et malorum, et ut hoc sensibilius et magnificentius ac terribilius nobis ingerat, introducit eius de celo maiestativum adventum quasi iam presentem seu in procinctu imminentem, dicens: “Ecce venit cum nubibus”. |
Inf. III, 82
Ed ecco verso noi venir per nave
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149 |
[LSA, Ap 2, 18 (I vis., IV eccl.); Pa, ff. 43vb-44ra](…) Christus proponitur ut habens oculos lucidos et ardentes sicut est flamma ignis (…) |
Par. III, 24che, sorridendo, ardea ne li occhi santi |
150 |
[ibid.](…) Christus proponitur ut habens oculos lucidos et ardentes sicut est flamma ignis (…) per oculos autem flammeos, fervor et lux contemplationis ignite (…)[Ap 2, 26-28 (I vis., IV vict.); Pa, f. 36rb](…) et potestativum dominium super omnes dampnandos et claritas plusquam stellaris (…) |
Inf. II, 55
Lucevan li occhi suoi più che la stella
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151 |
[LSA, Ap 2, 23 (I vis., IV eccl.); Pa, f. 45va](…) tunc omnibus de facto patet quod ipse omnia mala quantumcumque occulta intime novit et ponderat, ac si ea profundissime scrutaretur. |
Purg. XVII, 127-129Ed ei: “Se tu avessi cento larve
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152
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[LSA, Ap 3, 1 (I vis., V eccl.); Pa, f. 46rb]Unde et Ricardus dat aliam rationem quare hec ecclesia dicta est “Sardis”, id est principium pulchritudinis, quia scilicet sola initia boni non autem consumationem habuit, et solum nomen sanctitatis potius quam rem. Supra vero fuit alia ratio data. Respectu etiam prave multitudinis tam huius quinte ecclesie quam quinti status, prefert se habere “septem spiritus Dei et septem stellas”, id est fontalem plenitudinem donorum et gratiarum Spiritus Sancti et continentiam omnium sanctorum episcoporum quasi stellarum, tum ut istos de predictorum carentia et de sua opposita immunditia plus confundat, tum ut ad eam rehabendam fortius attrahat. |
Par. V, 109-111Pensa, lettor, se quel che qui s’inizia
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153 |
[LSA, Prologus, Notabile XIII; Pa, f. 18vb]In quinto vero tempore fuerunt spiritualiores monachi quasi aves volantes, clerici vero gentibus commixti fuerunt quasi pisces in aquis (cfr. Gn 1, 20-21). In hac autem die primo dictum est: “Crescite et multiplicamini” et cetera (Gn 1, 22), quia numquam in preteritis temporibus sic monasteria vel ecclesie in tali vita, que conveniret pluribus, ordinate fuere quomodo in tempore quinto, quia non tantum clericorum et monachorum, verum etiam ecclesiarum et monasteriorum que sunt propagata in tempore quinto in hac occidentali ecclesia colligere numerum non est facile. Unde quamvis vita monachorum quarti temporis fuerit clarior, non tamen fecundior nec sic habens sensum vivum et tenerum pietatis. |
Par. V, 100-105, 121-122
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154 |
[LSA, Ap 9, 3 (III vis., V tub.); Pa, f. 101vb]Tertio tangitur quedam spiritalis plaga quorundam pestiferorum de predicto fumo exeuntium, cum subdit: “et de fumo putei exierunt locuste in terram” (Ap 9, 3). Quamvis per has locustas possint designari omnes mali christiani quorum malitia est multa et publica et multorum lesiva et cruciativa, magis tamen proprie, quoad hunc primum sensum, designat pravam multitudinem clericorum et monachorum et iudicum et ceterorum curialium plurimos spiritaliter et temporaliter pungentium et cruciantium, qui omnes de fumo putei exeunt quia de pravo exemplo effrenationis prefate occasionem et inductivam causam sui mali traxerunt, et etiam quia quasi de puteo inferni cum predicto fumo exempli pessimi videntur exisse. |
Purg. XX, 70-75, 79Tempo vegg’ io, non molto dopo ancoi,
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155 |
[LSA, Ap 9, 5-6 (III vis., V tub.); Pa, f. 106va-b]In prima enim tribulatione clericales conculcant plebeios, quasi pedes, per fastum arrogantie et per contemptum contumelie seu parvificentie, sed per rapine violentiam et per calumpnie fraudulentiam sunt eorum manus rapientes bona de manibus aliorum (…) |
Purg. XX, 64-66Lì cominciò con forza e con menzogna
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156 |
[LSA, Ap 9, 3 (III vis., V tub.); Pa, ff. 101vb-102ra]Vocantur autem “locuste”, (…) tum quia instar locustarum postremis cruribus saliunt, proponendo scilicet in fine penitentiam agere et sic sperant ad gloriam eternam salire, pedibus vero anterioribus et toto ore terre adherent virentia cuncta rodentes; |
Purg. XIX, 72-73, 106giacendo a terra tutta volta in giuso.
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157 |
(segue)tum quia locusta est animal parvum et secundum legem mundum, habetque alas non ad altum et diuturnum volatum sed ad infimum et modicum.
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Inf. XXI, 9-10; XXII, 122-123, 127-129a rimpalmare i legni lor non sani,
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158 |
[LSA, Ap 9, 3 (III vis., V tub.); Pa, ff. 101vb-102ra]Vocantur autem “locuste”, tum quia ad modum locuste alte saliunt per elationem, et hoc postremis cruribus quia vanam gloriam in omnibus finaliter intendunt, et ad terram recidunt per cupiditatem; tum quia instar locustarum postremis cruribus saliunt, proponendo scilicet in fine penitentiam agere et sic sperant ad gloriam eternam salire, pedibus vero anterioribus et toto ore terre adherent virentia cuncta rodentes; tum quia locusta est animal parvum et secundum legem mundum, habetque alas non ad altum et diuturnum volatum sed ad infimum et modicum. |
Purg. I, 1-3; XX, 91-93Per correr miglior acque alza le vele
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159 |
[LSA, Ap 9, 8 (III vis., V tub.); Pa, f. 103rb]Pro quinta dicit: “Et dentes e[a]rum sicut dentes leonum erant”, tum per crudelitatem detractionum vitam et famam alienam corrodentium et precipue suorum emulorum, tum propter impiam rapacitatem tempo-ralium. |
Inf. III, 100-102Ma quell’ anime, ch’eran lasse e nude,
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160
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[LSA, Ap 1, 14 (I vis., radix); Pa, f. 29va-b]Sicut autem in lana est calor fomentativus et mollities corpori se applicans, et candor contemperatior et suavior quam in nive, sic in nive est frigiditatis et congelationis algor et rigor et candor intensior nostroque visui intolerabilior, est etiam humor sordium purgativus et terre impinguativus. Per que designatur quod Christi sapientia est partim nobis condescensiva et sui ad nos contemperativa nostrique fomentativa et sua pietate calefactiva, partim autem est a nobis abstracta et nobis rigida nimisque intensa, nostra-rumque sordium purgativa nostreque hereditatis impinguativa. |
Inf. XXX, 64-72Li ruscelletti che d’i verdi colli
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161 |
[LSA, Ap 8, 3 (III vis., radix); Pa, f. 95rb]Sequitur: “habens turibulum aureum in manu sua”, id est corpus suum purissimum omni gratia Deo gratum et incenso sacre et odorifere devotionis repletum. Secundum etiam Ricardum, hoc turibulum sunt sancti apostoli, qui ad electorum preces Deo offerenda[s] sunt principaliter constituti. “Et data sunt illi incensa multa”, id est orationes Deo delectabiles. Data quidem sunt ei ab ipsis orantibus se et sua vota sibi tamquam nostro mediatori et advocato committentibus et per ipsum ea offerri Deo postulantibus. |
Par. XXXIII, 29-32, 40-42 ………………….tutti miei prieghi
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162 |
[ibid.]“Et data sunt illi incensa multa”, id est orationes Deo delectabiles. Data quidem sunt ei ab ipsis orantibus se et sua vota sibi tamquam nostro mediatori et advocato committentibus et per ipsum ea offerri Deo postu-lantibus. |
Purg. VI, 26; XVI, 50-51quell’ ombre che pregar pur ch’altri prieghi…………………………………“I’ ti prego
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163
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[ibid.]“Et data sunt illi incensa multa”, id est orationes Deo delectabiles. Data quidem sunt ei ab ipsis orantibus se et sua vota sibi tamquam nostro mediatori et advocato committentibus et per ipsum ea offerri Deo postulantibus. |
Purg. XXXIII, 118-119; Par. X, 118-119
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164
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[ibid.; Pa, f. 95ra-b]Vel, secundum Ioachim, hoc altare est parvus ille numerus sanctorum prophetarum et patrum qui ante Christi adventum collectus erat, super quibus vota et orationes iustorum oblate sunt quasi super altari, quia non solum passio Christi profuit nobis ad impetrandum misericordiam Dei, sed etiam fides et meritum precedentium sanctorum. Non quod non sufficiat ad omnia Christus, sed quia in opere pietatis vult sanctos patres habere consortes.
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Purg. XXIX, 115-120; XXX, 7-9Non che Roma di carro così bello
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165 |
[LSA, Ap 12, 16 (IV vis., III-IV prel.); Pa, f. 140va]Vel, secundum eundem (Ricardum), collectio perfectorum et in fide stabilium est terra humilis et solida que, cum contra temptationes diaboli unanimiter orat, quasi ore absorbet seu destruit flumen, dum orando vincit temptationes. |
Purg. XXIX, 118-120quel del Sol che, svïando, fu combusto
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166 |
[LSA, Ap 2, 23 (I vis., IV eccl.); Pa, f. 45rb-va]“Et filios eius”, id est sequaces eius, “interficiam in mortem”, id est sic quod ducam eos ad mortem. (…) Quando enim Deus aperte non punit mala quantum iustitia exigit, videtur ignorare mala et pondus eorum; quando autem iustissime et rigidissime et publicissime punit illa, tunc omnibus de facto patet quod ipse omnia mala quantumcumque occulta intime novit et ponderat, ac si ea profundissime scrutaretur. |
Purg. VI, 100-102, 118-120; XXIX, 120
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167 |
[LSA, Ap 16, 2 (V vis., I ph.); Pa, f. 162rb]Omnes reprobi habent aliquam falsam estimationem eius [quod] prave sequuntur et amant et in quo, tamquam in Deo, suam beatitudinem estimant et querunt, et ideo id quod adorant est potius falsa imago quam realis veritas Dei et vere glorie. |
Purg. XXX, 130-131e volse i passi suoi per via non vera,
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168 |
[LSA, Ap 8, 8 (III vis., II tub.); Pa, f. 97va](…) exarsit igne ire et invidie contra ipsos (…) |
Purg. XIV, 82Fu il sangue mio d’invidia sì rïarso
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169 |
[LSA, Ap 14, 3-4 (IV vis., VI prel.); Pa, f. 152rb, vb](Ap 14, 3) Sexto quia non cantabatur ad inanem gloriam mundi nec coram vanis regibus et gentibus, sed solum coram Deo et sanctis et ad gloriam Dei. (…) (Ap 14, 4) Qui ergo secundum omnes sublimes et supererogativas perfectiones mandatorum et consiliorum Christi ipsum prout est hominibus huius vite possibile participant, “hii sequuntur Agnum quocumque ierit” (…)
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Par. III, 121-125; XXVIII, 100-102Così parlommi, e poi cominciò ‘Ave,
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170 |
[LSA, Ap 14, 4; Pa, f. 152vb]Item “sequuntur” ipsum “quocumque ierit”, quia sic semper dirigunt et tenent suum aspectum in ipsum quod ipsum semper et ubique presentialiter vident vel speculantur quasi presentem. |
Par. XXVIII, 94-96Io sentiva osannar di coro in coro
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171 |
[LSA, Ap 3, 18/20 (I vis., VII eccl.); Pa, ff. 54va, 55rb](…) cum se et totum cor suum offert et dedicat servituti et obedientie Dei pro ipso et eius caritate habenda. (…) Deinde incitat et allicit eum fortius, exhibendo se ei ut paratissimum et desideratissimum associalissime et intime convivendum et convivandum cum eo (…) vehementer excito ut michi corda vestra aperiatis. |
Inf. X, 43-44; Purg. XXVI, 104Io ch’era d’ubidir disideroso,
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172 |
[LSA, Ap 3, 20 (I vis., VII eccl.); Pa, f. 55rb]Deinde incitat et allicit eum fortius, exhibendo se ei ut paratissimum et desideratissimum associalissime et intime convivendum et convivandum cum eo (…) “Si quis audierit”, id est cordaliter seu obedienter receperit, “vocem meam”, scilicet monitionum mearum predictarum, “et aperuerit michi ianuam”, id est viscerales consensus et affectus cordis sui, “intrabo ad illum”, scilicet per influxus et illapsus gratie, “et cenabo cum illo”, scilicet acceptando et amative michi incorporando ipsum et omnia bona eius tamquam cibos michi amabiles et suaves, “et ipse mecum”, scilicet me et meam dulcedinem et bonitatem iocunde gustando et comedendo ac bibendo et incorporando.
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Par. III, 37-45; IX, 79-81; XI, 58-60“O ben creato spirito, che a’ rai
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173 |
[LSA, Ap 8, 5 (III vis., radix); Pa, f. 96ra]“Et terremotus” (…) mota sunt corda hominum ad compunctionem, et mutata vita priori conversi sunt ad Christum. (…) “Commovet populum docens per universam Iudeam” (Lc 23, 5)[LSA, Ap 11, 19 (IV vis., radix); Pa, f. 127rb]“Et terremotus”, id est fortis concussio et commotio terrenorum cordium ad penitentiam et ad immutationem status in melius.[LSA, Ap 16, 18 (VI vis., radix); Pa, f. 167rb](…) singularis et stupenda immutatio totius seculi (…), unde subdit: “Et terremotus (…)”.
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Inf. XII, 41-43; Purg. XXI, 62, 69-70; XXIII, 77; XXX, 124-125; Par. I, 86, 90; XXII, 1, 10-12tremò sì, ch’ i’ pensai che l’universo
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174
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[LSA, Ap 8, 5 (III vis., radix); Pa, f. 96ra]“Et terremotus”, quia visis tot signis et miraculis et sanctitatis exemplis, et auditis tam altis tamque discretis et fulgurativis Dei eloquiis, mota sunt corda hominum ad compunctionem, et mutata vita priori conversi sunt ad Christum (…) |
Par. XII, 142-144
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175 |
[LSA, Ap 11, 1 (III vis., VI tub.); Pa, f. 118va-b]“Et datus est michi calamus” (Ap 11, 1). Hic ordini prefato datur potestas et discretio regendi ecclesiam illius temporis. (…) Dicit autem: “Et datus est michi”, supple a Deo, “calamus similis virge”, quasi dicat: non similis vacue et fragili canne seu arundini, sed potius recte et solide virge. Et certe tali communiter mensurantur panni et edificia. Per hanc autem designatur pontificalis vel magistralis seu gubernatoria auctoritas et virtus et iustitia potens corrigere et rectificare et recte dirigere ecclesiam Dei. Secundum Ioachim, calamus iste signat linguam eruditam, dicente Psalmo (Ps 44, 2): “Lingua mea calamus scribe”, qui est similis virge, quia sicut austeritate virge coarcentur iumenta indomita, ita lingue disciplina dura corda hominum corriguntur. |
Purg. VI, 94-99guarda come esta fiera è fatta fella
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176 |
[ibid.]“Et datus est michi calamus” (Ap 11, 1). Hic ordini prefato datur potestas et discretio regendi ecclesiam illius temporis. (…) Dicit autem: “Et datus est michi”, supple a Deo, “calamus similis virge”, quasi dicat: non similis vacue et fragili canne seu arundini, sed potius recte et solide virge. Et certe tali communiter mensurantur panni et edificia. Per hanc autem designatur pontificalis vel magistralis seu gubernatoria auctoritas et virtus et iustitia potens corrigere et rectificare et recte dirigere ecclesiam Dei. Secundum Ioachim, calamus iste signat linguam eruditam, dicente Psalmo (Ps 44, 2): “Lingua mea calamus scribe”, qui est similis virge, quia sicut austeritate virge coarcentur iumenta indomita, ita lingue disciplina dura corda hominum corriguntur. |
Par. VI, 16-18; XXX, 136-138ma ’l benedetto Agapito, che fue
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177 |
[ibid.]“Et datus est michi calamus” (Ap 11, 1). Hic ordini prefato datur potestas et discretio regendi ecclesiam illius temporis. (…) Dicit autem: “Et datus est michi”, supple a Deo, “calamus similis virge”, quasi dicat: non similis vacue et fragili canne seu arundini, sed potius recte et solide virge. Et certe tali communiter mensurantur panni et edificia. Per hanc autem designatur pontificalis vel magistralis seu gubernatoria auctoritas et virtus et iustitia potens corrigere et rectificare et recte dirigere ecclesiam Dei. Secundum Ioachim, calamus iste signat linguam eruditam, dicente Psalmo (Ps 44, 2): “Lingua mea calamus scribe”, qui est similis virge, quia sicut austeritate virge coarcentur iumenta indomita, ita lingue disciplina dura corda hominum corriguntur. |
Inf. XXVII, 16-21Ma poscia ch’ebber colto lor vïaggio
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[LSA, Ap 20, 5 (VII vis.); Pa, f. 190rb]Secunda autem est mors pene eterne, que dicitur mors non quod ibi naturalis vita extinguatur, sed quia omnis delectatio et requies est ibi extincta et quia ibi est dolor perpetuus peior morte et faciens continue appetere mortem.[LSA, Ap 2, 11 (I vis., II eccl.); Pa, ff. 42rb-va, 34ra]Et secundum hoc, quasi prima mors est percussio corporum, secunda vero tristitia cordis et terror ex persecutione corporis vel ex eius imminentia causatus. Hanc autem secundam non sentiunt triumphatores martires, saltem sic quod ledantur ab ea. (…) Leditur autem ab ea non solum qui ipsam experitur, sed etiam qui terretur ex illa, et maxime si est terror desperativus vel consternativus. |
Inf. I, 115-117; V, 25-27; XIII, 47; XXXIII, 5ove udirai le disperate strida,
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[LSA, Ap 12, 16 (IV vis., III-IV prel.); Pa, f. 140rb]In alterius enim casu sepe alius timore concutitur et quod arguit in altero in se devitare festinat. |
Inf. XIII, 44-45…………………..ond’ io lasciai la cima
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[LSA, Ap 12, 16 (IV vis., III-IV prel.); Pa, f. 140rb-va]Vel, secundum Ricardum, terrestris multitudo absor-bentium temptationes diaboli quasi dulce flumen iuvit in hoc ecclesiam sanctorum, quia diabolus ex hoc plus habuit vacare illi multitudini temptande et trahende et sub se conservande, ac per consequens minus potuit vacare ad temptandum electos. |
Inf. VI, 25-30E ’l duca mio distese le sue spanne,
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[LSA, Ap 12, 4 (IV vis., I prel.); Pa, f. 130ra]Ibi enim erat aperta infirmitas que provocaret, et occulta virtus que raptoris faucem transfigeret.
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Purg. XXX, 37-42sanza de li occhi aver più conoscenza,
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[LSA, Ap 4, 1-2 (II vis., radix); Pa, f. 56ra](…) aut per reiterationes huiusmodi sublevationum designat quamlibet visionum cum suis obiectis habere propriam et novam arduitatem, et quod ad quamlibet videndam indigebat superelevari a Deo ad illam. |
Par. XXXIII, 134-136……………………….. e non ritrova,
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[LSA, Ap 22, 15 (VII vis.); Pa, f. 198rb](…) et per humilem sensum proprie fragilitatis et vacuitatis sive nichilitatis est arundo, et per fulgorem divine cognitionis est aurea. |
Par. XXXIII, 139-141ma non eran da ciò le proprie penne:
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[LSA, Ap 6, 6 (II vis., III sig.); Pa., f. 75vb]Per oleum vero suave et omnibus ceteris liquoribus superenatans, designatur intelligentia contemplativa seu anagogica.
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Purg. XXII, 137-138; Par. XXI, 115-117cadea de l’alta roccia un liquor chiaro
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[LSA, Ap 14, 2 (IV vis., VI prel.); Pa, f. 151vb]Secundo quod erat irrigua et fecunda et ex magno et multo collegio sanctorum et plurium virtualium affectuum ipsorum procedens et concorditer unita, cum dicit: “tamquam vocem aquarum multarum”. Vox enim magne et multe pluvie est ex multis et quasi innumerabilibus guttis, proceditque quasi tamquam unus sonus et quasi ab uno sonante et idem est de sono aquarum maris vel fluminis. (…)
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Par. XIX, 19-21; XX, 6Così un sol calor di molte brage
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[LSA, Ap 14, 2; Pa, f. 152ra]Oportet enim affectus virtuales ad suos fines et ad sua obiecta fixe et attente protendi et sub debitis circumstantiis unam virtutem et eius actus aliis virtutibus et earum actibus proportionaliter concordare et concorditer coherere (…) |
Par. XXXI, 139-141Bernardo, come vide li occhi miei
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187 |
[LSA, Ap 14, 2; Pa, f. 152ra-b]Oportet enim affectus virtuales ad suos fines et ad sua obiecta fixe et attente protendi et sub debitis circumstantiis unam virtutem et eius actus aliis virtutibus et earum actibus proportionaliter concordare et concorditer coherere, ita quod rigor iustitie non excludat nec perturbet dulcorem misericordie nec e contrario, nec mititatis lenitas impediat debitum zelum sancte correctionis et ire nec e contrario, et sic de aliis. Cithara etiam est ipse Deus, cuius quelibet perfectio, per affectuales considerationes contemplantis tacta et pulsata, reddit cum aliis resonantiam mire iocunditatis. Cithara etiam est totum universum operum Dei, cuius quelibet pars sollempnis est corda una a contem-platore et laudatore divinorum operum pulsata. Dicit autem “sicut citharedorum”, quia citharedus non dicitur nisi per artem et frequentem usum, sicut magister artificiose citharizandi. Reliqui enim discordanter et rusticaliter seu inartificialiter citharizant, et si aliquando pulsant bene casualiter contingit, unde ascribitur casui potius quam prudentie artis. |
Inf. X, 49-51; Par. XIII, 115-117, 121-123“S’ei fur cacciati, ei tornar d’ogne parte”,
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[LSA, Ap 11, 3 (III vis., VI tub.); Pa, f. 121vb](…) aut quod terram percutiant omni corporali plaga et peste, tum quia verisimilius est quod ipsi sequantur mansuetudinem et evangelicam formam Christi et apostolorum et signorum eius quam quod sequantur modos corporalis vindicte per sanctos veteris testamenti visibiliter explete (…)[LSA, Ap 14, 2 (IV vis., VI prel.); Pa, f. 152ra-b]Cithara etiam est ipse Deus, cuius quelibet perfectio, per affectuales considerationes contemplantis tacta et pulsata, reddit cum aliis resonantiam mire iocunditatis. Cithara etiam est totum universum operum Dei, cuius quelibet pars sollempnis est corda una a contemplatore et laudatore divinorum operum pulsata. Dicit autem “sicut citharedorum”, quia citharedus non dicitur nisi per artem et frequentem usum, sicut magister artificiose citharizandi. Reliqui enim discordanter et rusticaliter seu inartificialiter citharizant, et si aliquando pulsant bene casualiter contingit, unde ascribitur casui potius quam prudentie artis.
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Inf. XXXII, 76-81, 106-108se voler fu o destino o fortuna,
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[LSA, Ap 16, 1 (V vis., radix); Pa, f. 162ra-b](…) per has effusiones intelliguntur spiritales correctiones et increpationes, vel ecclesiastice et disciplinales ac medicinales punitiones per sanctos viros ministrate et per spiritus angelicos gubernate. |
Purg. XXIII, 103-105Quai barbare fuor mai, quai saracine,
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[LSA, Ap 5, 4-5 (II vis., radix); Pa, f. 67va]Item fletus hic quantus fuit in sanctis patribus ante Christum; cum etiam essent in limbo inferni, quanto desiderio suspirabant ut liber vite aperiretur eis et omnibus cultoribus Dei! |
Inf. IV, 25-27, 42Quivi, secondo che per ascoltare,
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[LSA, Ap 15, 5-6 (V vis., radix); Pa, f. 160va]Secundum radicale est processiva dispositio predictorum sanctorum ad zelum iuste punitionis malorum, unde subdit: “Et post hec vidi (…)”
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Inf. XX, 4-8Io era già disposto tutto quanto
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[LSA, Ap 14, 3 (IV vis., VI prel.); Pa, f. 152rb-va]Septimo quia tante erat precellentie quod nullus alius poterat pertingere ad hunc canticum, unde subdit: “Et nemo poterat dicere canticum nisi illa centum quadraginta quattuor milia”. (…) sed quod non omnes cantant nec possunt cantare canticum superiorum, sicut nec possunt pertingere ad coequalem et uniformem gloriam ipsorum.
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Par. I, 4-6, 10-12; XXIV, 22-24Nel ciel che più de la sua luce prende
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[LSA, Ap 9, 16-17 (III vis., VI tub.); Pa, f. 111ra]Nota quod cum in signum maioris certitudinis voluit dicere quod predictum numerum equitum et equorum percepit tam per auditum angelice vocis quam per visum imaginum equorum et equitum sibi in visione per angelum monstratorum, nichilominus usitato more scripture appropriat auditum numero equitum, visum vero numero equorum. In quo et innuit apprehensionem equitum esse subtiliorem et secretiorem quam apprehensionem equorum; auditu enim percipimus multa intelligibilia que nequeunt a nobis visibiliter sentiri et palpari.
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Inf. XXXIV, 127-129; Purg. XVI, 34-36; XXIII, 43-45, 61-63Luogo è là giù da Belzebù remoto
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[LSA, Ap 1, 4 (Salutatio); Pa, f. 24rb]Signanter autem dicit: “que sunt in Asia”. Primo ratione interpretationis, quia Asia interpretatur elatio. Mundus autem hic continens ecclesias electorum super ipsos elatione sustollitur, secundum illud Psalmi: “Mirabiles elationes maris” (Ps 92, 4).[LSA, Ap 1, 9 (secunda circumstantia visionum); Pa, f. 27rb]Secunda circumstantia est idoneitas loci, unde subdit: “Fui in insula que appellatur Patmos”. Ecce quod locus erat divinis contemplationibus et visionibus aptus, tamquam remotus et quietus et secretus ac deliciis et divitiis carnalibus vacuus. Est autem Patmos insula Grecie et interpretatur separati hostes, vel separatio palpantium, et congruit huic misterio quia in excessu contemplationis sunt hostes spiritus et palpantes, id est sensuales et carnales, separati. Secundum Papiam autem interpretatur fretum vel vorago, quia fervor et vorago persecutionum multum confert ad suble-vationem spiritus in divina. |
Purg. XXVIII, 67-75, 101Ella ridea da l’altra riva dritta,
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[LSA, Ap 20, 11 (VII vis.); Pa, f. 192rb-va]Dicit etiam quod “a conspectu” sedentis “fugit terra et celum”, tum quia omnes habitantes in celo et in terra pre nimio terrore furoris eius, aut pre summa reverentia maiestatis eius, in propriam parvitatem et nichilitatem resilient ac si essent sibi ipsi adnichilati, unde dicit quod “locus non est inventus ab eis”, id est sic facti sunt quasi nichil ac si nusquam essent; tum quia sicut lux candelarum et etiam stellarum disparet ad adventum solis ac si esset adnichilata seu obscurata, sic ad fulgorem glorie Christi omnia alia respectu eius erunt quasi nichil. Ricardus vero legit hoc de fuga seu transitu prioris speciei celi et terre, unde subdit quod “locus non est inventus ab eis”, scilicet secundum statum priorem. |
Inf. XXXIV, 121-126Da questa parte cadde giù dal cielo;
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[LSA, Prologus, Notabile III; IV status; Pa, f. 4rb](zelus severus fertur) quarto contra pertinaciam quasi in loco virilis et stabilis etatis se firmantem (…)
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Purg. XXX, 100-101; XXVII, 33-35, 43-44; XIX, 139-140; Inf. XVII, 76-77; VII, 99; II, 121; I, 30Ella, pur ferma in su la detta coscia
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256 |
[LSA, Ap 18, 22-23 (VI vis.); Pa, f. 180rb]Deinde ostendit quomodo omni iocundo cantico seu gaudio, et omni utili et etiam curioso opere et artificio, et iocunda luce et nuptiis erit ex tunc omnino et in eternum privata, unde subdit (Ap 18, 22-23): “Et vox citharedorum” et cetera; “et vox”, id est sonus, “mole”, molentis scilicet triticum vel alia utilia, et cetera; “et vox sponsi et sponse”, id est letitia nuptiarum, “non audietur adhuc”, id est amplius seu de cetero, “in te”.
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Purg. I, 25-27; Par. XVI, 136-144Goder pareva ’l ciel di lor fiammelle:
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257
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[LSA, Ap 16, 20 (VI vis., radix); Pa, f. 168ra]Deinde effectum huius iudicii insinuat quoad duas partes pene eterne. Quarum prima est pena dampni, scilicet privatio omnis boni iocundi, et hanc tangit cum subdit: “Et omnis insula fugit, et omnes montes non sunt inventi” (Ap 16, 20). |
Par. XVI, 136-141La casa di che nacque il vostro fleto,
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258 |
[LSA, Ap 21, 12-13 (VII vis.); Pa, f. 199vb]Nam, sicut arbor dum est in sola radice non potest sic tota omnibus explicari seu explicite monstrari sicut quando est in ramis et foliis ac floribus et fructibus consumata, sic arbor seu fabrica ecclesie et divine providentie ac sapientie in eius partibus diversimode refulgentis et participate non sic potuit nec debuit ab initio explicari sicut in sua consumatione poterit et debebit.
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Par. I, 3; IV, 35; VIII, 20-21; XIII, 67-72; XXIX, 136-137, 140-141; XXXI, 22-23
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259 |
[LSA, Ap 21, 18/21 (VII vis.); Pa, f. 201va]Quamvis enim totus habitus glorie inferiorum sit immediate a Deo, sic tamen erit connexus glorie suorum superiorum ac si in ipsa fundetur et conradicetur, sicut secundaria membra corporis quasi fundantur et radicantur in virtute cerebri, cordis et [e]patis. Inferiores etiam mi[ni]sterialiter iuvabuntur per intermediam gloriam superiorum, quasi per specula clara et quasi per vitrum perspicuum et quasi per portas intrent in clariorem et altiorem actum visionis et fruitionis Dei. |
Par. II, 112-114, 121-123; XXVIII, 127-129Dentro dal ciel de la divina pace
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260 |
[Ap 1, 4 (prohemium, salutatio); Pa, f. 25ra](…) “ipse Spiritus pro nobis postulat” (Rm 8, 26), quia facit nos postulare. |
Inf. XXIX, 18-20 ………………………… Dentro a quella cava
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[LSA, Ap 1, 4 (prohemium, salutatio); Pa, ff. 24vb-25rb]Pro secundo dicit: “Et a septem spiritibus”. Hoc non potest hic stare pro spiritibus angelorum creatis, quia gratia non dicitur dari nobis a creatura vel ab angelis, sed solum quod ministerialiter cooperantur ad hoc ut nobis detur a Deo. Non etiam potest stare pro donis gratie creatis, quia tunc esset sermo nugatorius et ridiculosus, scilicet quod ab ipsis donis creatis darentur nobis ipsamet dona creata. Stat ergo pro increato Spiritu. (…) “Qui in conspectu troni eius sunt”, id est qui eos quos replent faciunt in conspectu Dei et sue sedis stare, iuxta quod ad Romanos VIII° (Rm 8, 26) dicitur quod “ipse Spiritus pro nobis postulat”, quia facit nos postulare.
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Inf. X, 22-24, 73-74; Purg. XXX, 1-9; Par. XIII, 7-9O Tosco che per la città del foco
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[ibid.]Pro secundo dicit: “Et a septem spiritibus”. Hoc non potest hic stare pro spiritibus angelorum creatis, quia gratia non dicitur dari nobis a creatura vel ab angelis, sed solum quod ministerialiter cooperantur ad hoc ut nobis detur a Deo. Non etiam potest stare pro donis gratie creatis, quia tunc esset sermo nugatorius et ridiculosus, scilicet quod ab ipsis donis creatis darentur nobis ipsamet dona creata. Stat ergo pro increato Spiritu. Unde et Ricardus exponit: “a septem spiritibus”, id est a septiformi Spiritu, qui simplex est per naturam et septiformis per gratiam. Dividit enim dona singulis prout vult. Dicit etiam hoc appropriate referri ad personam Spiritus Sancti. Significavit autem sic Spiritum increatum, tum ut insinuet eius causalem multiformitatem, tum ut ostendat eius multiformem et presentialem participationem in variis donis ac si in eis partiretur et multiplicaretur, tum ut ostendat eius originalem radicem et rationem et exemplarem formam septem statuum ecclesie de quibus in hoc libro est intentio principalis. (…)[LSA, Ap 5, 6-7 (II vis., radix); Pa, f. 68ra-b]Quarto ostenditur habere universalem plenitudinem sapientie et providentie et spiritualis fontalitatis omnis gratie ad universa regenda, cum subditur: “et oculos septem, qui sunt septem spiritus Dei missi in omnem terram”. “Oculi” vocantur propter intelligentiam omnium visivam, “spiritus” vero propter subtilem et spiritualem et agilem naturam et efficaciam. Licet autem increatus spiritus Christi sit in se unus et simplex, dicitur tamen esse “septem spiritus” propter septiformitatem septem donorum suorum et septem statuum, in quibus participatur et quibus secundum eorum partialem seu particularem proportionem assistit, ac si esset in eis partitus et particulatus. |
Inf. XIV, 76-81; Purg. XXXIII, 112-117; Par. II, 112-117, 136-138; X, 82-85Tacendo divenimmo là ’ve spiccia
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[ibid.; Pa, f. 67vb-68va]Deinde ostenditur quomodo Christus aperuit librum. Primo tamen describitur virtus eius ad aperiendum. Ubi primo ostenditur quod ipse est totius ecclesie mediator et quasi centrale medium ad quod tota spera ecclesie et omnes linee electorum suorum aspiciunt sicut ad medium centrum. Unde ait (Ap 5, 6): “Et vidi”, scilicet hoc quod sequitur, “et ecce in medio troni”, id est totius ecclesie (…) Vel “in medio troni”, id est in medio sancte Trinitatis, tamquam persona media sedens in eadem maiestate trium personarum quasi in eadem sede (…)
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Inf. XXII, 97-105“Se voi volete vedere o udire”,
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[LSA, Ap 1, 1; Pa, f. 22rb]Subdit etiam causam mediam ac deinde proximam, dicens: “et significavit”, scilicet Christus, id est revelavit vel per signa figuralia demonstravit, scilicet predicta, “mittens”, id est denuntians ea, “per angelum suum servo suo Iohanni”.
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Par. IV, 37-39; XVIII, 76-81, 88-90
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[LSA, Ap 1, 1; Pa, f. 22ra]Tangit etiam causam efficientem quadruplicem. Principalis enim est Deus, secundaria Christus in quantum homo, media vero angelus, proxima vero Iohannes. Et ideo dicit quod est “apocalipsis Ihesu Christi” (Ap 1, 1), id est a Ihesu Christo facta, “quam dedit illi Deus”, scilicet Pater et tota Trinitas; “dedit”, inquam, non solum ut eam sciret, sed etiam “palam facere”, id est ad manifestandum, “servis suis que oportet fieri cito”.
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Purg. I, 58-60, 64-66; Par. I, 22-24; XV, 40-42; XVII, 136-138Questi non vide mai l’ultima sera;
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[LSA, Ap 1, 1; Pa, ff. 21vb-22ra]Nota etiam quod potius dicit revelatio quam visio, quia magis significat donum et gratiam revelantis et archanam occultationem eius, nisi dono Dei eius velamen auferatur seu aperiatur. (…)
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Purg. XXIII, 37-45Già era in ammirar che sì li affama,
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[LSA, Ap 1, 1; Pa, f. 23rb]Sciendum etiam quosdam dixisse quod Iohannes vidit hec absque talibus imaginationibus, sed postmodum ipse adaptavit varias figuras ad veritatem quam absque figuris viderat.
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Inf. XVIII, 10-13, 40-43; XXIV, 73-75; Purg. XII, 22-24; XVII, 25-26; Par. III, 61-63; XXIII, 58-61, XXXIII, 142Quale, dove per guardia de le mura
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[LSA, Ap 5, 5 (II vis., radix); Pa, f. 66va-b]Deinde subditur consolatoria promissio: “Et unus de senioribus dixit michi: Ne fleveris: ecce vicit”, id est victoriose promeruit et etiam per triumphalem potentiam prevaluit, “leo de tribu Iuda”, id est Christus de tribu Iuda natus ac invincibilis et prepotens et ad predam potenter resurgens sicut leo.
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Purg. VI, 64-66, 70-73; XX, 43-44, 49-54; Par. IX, 31; XIV, 64-66Ella non ci dicëa alcuna cosa,
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[LSA, Ap 6, 1 (II vis., radix); Pa, f. 72rb-va]Circa quas est primo notandum, circa formam imaginariam huius libri, quod videtur Iohannes librum hunc vidisse instar rotuli intus et foris scripti. Ridiculosum enim esset dicere quod liber, per quaternos et cartas distinctus, esset scriptus intus et foris. Videtur etiam quod rotulus ille haberet in se septem plicas et super unaquaque erat sigillum unum impressum pro clausura ipsius. Intra autem plicam videbantur depicte imagines equorum et equitum hic subscripte, vel ad apertionem ipsius subito videbatur exterius exire unus equus vivus cum equite suo. |
Par. XXIV, 25-27
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270
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[ibid.]Circa quas est primo notandum, circa formam imaginariam huius libri, quod videtur Iohannes librum hunc vidisse instar rotuli intus et foris scripti. Ridiculosum enim esset dicere quod liber, per quaternos et cartas distinctus, esset scriptus intus et foris. Videtur etiam quod rotulus ille haberet in se septem plicas et super unaquaque erat sigillum unum impressum pro clausura ipsius. Intra autem plicam videbantur depicte imagines equorum et equitum hic subscripte, vel ad apertionem ipsius subito videbatur exterius exire unus equus vivus cum equite suo.
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Inf. XI, 28-30, 49-51, 67-69, 73-74, 85-87, 101-102Di vïolenti il primo cerchio è tutto;
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[ibid.]Circa quas est primo notandum, circa formam imaginariam huius libri, quod videtur Iohannes librum hunc vidisse instar rotuli intus et foris scripti. Ridiculosum enim esset dicere quod liber, per quaternos et cartas distinctus, esset scriptus intus et foris. Videtur etiam quod rotulus ille haberet in se septem plicas et super unaquaque erat sigillum unum impressum pro clausura ipsius. Intra autem plicam videbantur depicte imagines equorum et equitum hic subscripte, vel ad apertionem ipsius subito videbatur exterius exire unus equus vivus cum equite suo.[LSA, Ap 5, 1 (II vis., radix); Pa, f. 62vb] Tertio est idem quod totum volumen scripture sacre et specialiter veteris testamenti, in quo novum fuit inclusum et sub figuris variis signatum et velatum. (…) |
Par. XXXIII, 85-87Nel suo profondo vidi che s’interna,
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[LSA, Ap 5, 5 (II vis., radix); Pa, f. 67rb]Tertio ad tempus Antichristi seu ad tempus aliquantulum precedens plenam apertionem sexti signaculi. Tunc enim erunt mire perplexitates conscientie in electis ita ut, teste Christo, fere in errorem ducantur (cfr. Mt 24, 24). Unde Gregorius, Moralium XXXII° super illud Iob: “Nervi testiculorum eius perplexi sunt” (Jb 40, 12) dicit hoc ideo dici, «quia argumenta predicatorum Antichristi dolosis assertionibus innodantur ut alligationum implicatio, quasi nervorum perplexitas, etsi videri possit, solvi non possit. Plerumque autem cum corda verbis inficiunt, in opere innocentiam ostendunt, neque enim aliter ad se traherent bonos».
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Inf. X, 94-96, 112-114; XI, 91-96; XV, 112-114; XVI, 109-111; XVII, 13-15“Deh, se riposi mai vostra semenza”,
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[LSA, Ap 9, 3/7 (III vis., V tub.); Pa, f. 102ra-b, 103ra]Quarto describit potestatem nocendi eis a Deo permissam et cohibitionem ipsius ab aliquibus non permissis, unde subdit: “et data est illis potestas”, scilicet nocendi, “sicut habent potestatem scorpiones terre” (Ap 9, 3). Scorpio apparet facie blandus et quasi brachiis ad amplexandum expansis, sed cauda retro pungit et nocet suum toxicum infundendo. Sic prefati ypocrite cum quodam exteriori et anteriori blandimento et favore explent finaliter suas malitiosas intentiones sive temporalia extorquendo, sive suas luxurias seu lascivias cum hiis quibus se iungunt implendo, sive suos pravos mores eis quasi infundendo. (…) Pro tertia (mala proprietate locustarum) dicit: “Et facies earum sicut facies hominum” (Ap 9, 7), quia fingunt se humanos et modestos et se cuncta secundum rationem agere.[LSA, Ap 9, 19 (III vis., VI tub.); Pa, ff. 111va-b, 112rb]“Potestas enim equorum in ore eorum est” (Ap 9, 19), scilicet quoad tria predicta, “et in caudis eorum; nam caude eorum similes serpentibus habentes capita, et in hiis nocent”. Leo palam sevit, serpens vero occultis insidiis ferit et feriendo suum occultum venenum infundit; sic etiam os in facie se aperte ingerit, cauda vero post tergum latet. In leonino igitur capite et ore equorum designatur temptatio aperta et violenta, in cauda vero serpentina temptatio latens et fraudulenta. Secundum enim Ioachim, minantur mortem ut tormentis penarum possint etiam constantes milites frangere; secreto autem blandiuntur et negantibus fidem promittunt felicem vitam, ut sic frangant eos quos nequeunt superare tormentis. (…) Nota etiam quod respectu primi modi possunt per ignem et fumum et sulphur intelligi falsa miracula, quibus quasi loricis se armabunt et per que quasi sagittis igneis alios occident. |
Inf. XVII, 7-18, 25-27E quella sozza imagine di froda
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[ibid.]Phiale [igitur] iste sunt corda sanctorum per sapientiam lucida, per caritatem dilatata, et per contemplationem splendidam et flammeam aurea, et per devotarum orationum redundantiam odoramentis plena. Sicut enim odoramenta per ignem elicata sursum ascendunt totamque domum replent suo odore, sic devote orationes ad Dei presentiam ascendunt et pertingunt, eique suavissime placent et etiam toti curie celesti et subcelesti. Sicut [etiam] diffusio odoris spiratur invisibiliter ab odoramentis, sic devote affectiones orantium spirantur invisibiliter et latissime diffunduntur ad varias rationes dilecti et ad varias rationes sancti amoris, prout patet ex multiformi varietate sanctorum affectuum qui exprimuntur et exercentur in psalmis. (…) premittit convenienter citharas, quia nisi corde virtutum sint in cithara mentis disposite prout congruit laudi Dei, non potest haberi phiala cordis plena devotis desideriis et suspiriis et meditationibus ignitis et odoriferis, sicut nec iubilatio laudis potest perfecte exerceri nisi preeat plenitudo odoramentorum. |
Par. XIX, 22-25; XXXI, 124-129; XXXII, 103-105Ond’ io appresso: “O perpetüi fiori
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279 |
[ibid.]Phiale [igitur] iste sunt corda sanctorum per sapientiam lucida, per caritatem dilatata, et per contemplationem splendidam et flammeam aurea, et per devotarum orationum redundantiam odoramentis plena. Sicut enim odoramenta per ignem elicata sursum ascendunt totamque domum replent suo odore, sic devote orationes ad Dei presentiam ascendunt et pertingunt, eique suavissime placent et etiam toti curie celesti et subcelesti. Sicut [etiam] diffusio odoris spiratur invisibiliter ab odoramentis, sic devote affectiones orantium spirantur invisibiliter et latissime diffunduntur ad varias rationes dilecti et ad varias rationes sancti amoris, prout patet ex multiformi varietate sanctorum affectuum qui exprimuntur et exercentur in psalmis. (…) premittit convenienter citharas, quia nisi corde virtutum sint in cithara mentis disposite prout congruit laudi Dei, non potest haberi phiala cordis plena devotis desideriis et suspiriis et meditationibus ignitis et odoriferis, sicut nec iubilatio laudis potest perfecte exerceri nisi preeat plenitudo odoramentorum.
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Purg. XXIII, 88-90; Par. XXII, 121-123; XXIV, 28-33, 82-83; XXV, 82-84; XXXI, 94-96Con suoi prieghi devoti e con sospiri
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280 |
[ibid.]Phiale [igitur] iste sunt corda sanctorum per sapientiam lucida, per caritatem dilatata, et per contemplationem splendidam et flammeam aurea, et per devotarum orationum redundantiam odoramentis plena. Sicut enim odoramenta per ignem elicata sursum ascendunt totamque domum replent suo odore, sic devote orationes ad Dei presentiam ascendunt et pertingunt, eique suavissime placent et etiam toti curie celesti et subcelesti. Sicut [etiam] diffusio odoris spiratur invisibiliter ab odoramentis, sic devote affectiones orantium spirantur invisibiliter et latissime diffunduntur ad varias rationes dilecti et ad varias rationes sancti amoris, prout patet ex multiformi varietate sanctorum affectuum qui exprimuntur et exercentur in psalmis. (…) premittit convenienter citharas, quia nisi corde virtutum sint in cithara mentis disposite prout congruit laudi Dei, non potest haberi phiala cordis plena devotis desideriis et suspiriis et meditationibus ignitis et odoriferis, sicut nec iubilatio laudis potest perfecte exerceri nisi preeat plenitudo odoramentorum. |
Inf. X, 16-21; Par. X, 142-144“Però a la dimanda che mi faci
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281
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[LSA, Ap 14, 20 (IV vis., VII prel.); Pa, f. 158rb]“Et calcatus est lacus extra civitatem” |
Inf. XXXII, 19-24dicere udi’mi: “Guarda come passi:
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[ibid.]Sequitur: “Et exivit sanguis de lacu usque ad frenos equorum per stadia mille sescenta”.
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Inf. XXV, 27; Purg. V, 74, 84di sangue fece spesse volte laco.ond’ uscì ’l sangue in sul quale io sedea ……
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283
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[LSA, Ap 19, 15 (VI vis.); Pa, f. 184vb]“Et ipse reget eas in virga ferrea”, id est in inflexibili iustitia. Qui enim nolunt converti blanditiis et humilitate necesse est ut tunc temporis sentiant severitatem et fortitudinem discipline eius, ut saltem sero subiciantur sceptro ipsius. Rebelles autem sentient furorem eius, unde subditur: “Et ipse calcat torcular vini furoris ire Dei omnipotentis”, id est ipse premit impios penis mortiferis quas Deus Trinitas quasi furibundus et iratus propinat eis. |
Inf. XXXII, 4; Purg. V, 43; VI, 9; XIII, 70, 84io premerei di mio concetto il sucoQuesta gente che preme a noi è moltae così da la calca si difendeché a tutti un fil di ferro i cigli fóra ……
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[LSA, Ap 14, 20 (IV vis., VII prel.); Pa, f. 158rb-va]“Et calcatus est lacus extra civitatem” (…) Sequitur autem tropum civitatis Iherusalem quia extra ipsam est vallis Iosaphat, que secundum Ieronimum est inter montem Sion et montem Oliveti, in qua stabunt impii in die iudicii. Et etiam Isaie XXX° (Is 30, 33) dicitur quod vallis Tophet, que est extra Iherusalem, “est preparata, profunda et dilatata”, in qua est “ignis et ligna multa” et “flatus Domini sicut torrens sulphuris”, in qua incendi debebat rex Assiriorum cum exercitu suo. Sequitur: “Et exivit sanguis de lacu usque ad frenos equorum per stadia mille sescenta”. (…) Quia vero duo sunt que excedunt modum ut non debeant tolerari, scilicet immensitas culpe et eius diuturnitas, ideo primum designatur in altitudine sanguinis usque ad frenos equorum, secundum vero in longitudine sui torrentis procedentis usque ad stadia mille sescenta. Sustinet enim Deus hunc torrentem malitie quamdiu equi ipsius ferre poterunt; quando autem non solum aselli sed etiam equi videntur periclitari, ita ut regnante Antichristo in errorem ducantur, si fieri potest, etiam electi (cfr. Mt 24, 24), non debet iudicium impiorum ulterius differri sed potius ad Deum clamari: “Exurge, Domine, non confortetur homo” (Ps 9, 20). |
Par. XII, 99; Purg. XXV, 37-38, 48quasi torrente ch’alta vena preme
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[ibid.; f. 159ra]Per exitum autem sanguinis designatur emissio mortiferi doloris per vim tormentorum educti, ac si totus sanguis et omnia viscera dampnatorum violenter effunderentur extra, ita quod redundaret in magnum flumen seu mare doloris amarissimi. In speciali vero, per varias proprietates numeri hic positi secundum varias compositiones ipsius designantur varie proprietates pene dampnatorum, que secundum varios [misteriandi] modos possunt multiformiter coaptari.
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Inf. IX, 109-117, 121-123com’ io fui dentro, l’occhio intorno invio:
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286
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[LSA, Ap 12, 9 (IV vis., II prel.); Pa, f. 137rb-va]“Et proiectus est”, scilicet a predicta dominatione et potestate, “dracho ille magnus, serpens antiquus, qui vocatur Diabolus et Sathanas”. “Serpens” dicitur per venenum malitie et erroris quo mundum extoxicat (…) Et “proiectus est in terram” et cetera, id est in infimam deiectionem et calcandus a sanctis sicut terra calcatur ab omnibus. |
Purg. XIII, 148-150E cheggioti, per quel che tu più brami,
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[LSA, Ap 22, 11 (VII vis.); Pa, f. 205rb-va]Quamvis pluribus ex sua malitia per accidens noceat, propter tales autem non est occultanda, immo in ipsorum inexcusabilitatem et iustam excecationem fortius predicanda. (…) “et qui in sordibus est”, scilicet carnalis luxurie per quam se ipsum fedat, “sordescat adhuc”, id est dignus est permitti in ampliores sordes a se ipso immergi. |
Par. XVII, 116-117, 127-129ho io appreso quel che s’io ridico,
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288
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[LSA, Prologus, Notabile VI; Pa, f. 8va]Quinque enim status ecclesie describuntur hic quasi per modum stricti stipitis vel conductus. Sextus vero status describitur quasi per modum late et multe expansionis ramorum fructuosorum reiectis virgultis et ramis inutilibus, seu per modum magne et aperte effusionis aque in piscinam vel lacum.[LSA, Ap 18, 17 (VI vis.); Pa, f. 179ra]Deinde subdit de planctu aliorum qui per mare seu per vias graviores negotiabantur: “Et omnis gubernator et omn[es] qui in l[o]cum”, scilicet aliquem, puta ad urbem vel portum maritimum, “navigant”. Antiqui et Greci habent hic “[in] locum”; quidam vero habent “in lacum”, id est in stagnum aquarum dulcium; quidam vero habent “in longum”, scilicet in longinquum iter maris, vel ad longinquos portus. |
Inf. XIV, 115-120; XX, 66Lor corso in questa valle si diroccia;
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289 |
[LSA, Ap 5, 1 (II vis., radix, IV sig.); Pa, f. 64va](…) propter quod quasi nudi et soli in solitudinibus habitabant spiritalibus divitiis habundantes. |
Inf. XX, 84sanza coltura e d’abitanti nuda |
290 |
[LSA, Prologus, Notabile I; Pa, ff. 2va, 3ra]Quartus (status) fuit anachoritice vite, mundum usque ad extrema solitudinis fugientis et carnem austerrime macerantis suoque exemplo totam ecclesiam instar solis et stellarum illuminantis. (…) Quartus est virginum seu contemplativorum, aquile assimilatus.
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Inf. XX, 82, 85; Par. III, 46, 103-104Quindi passando la vergine cruda ……
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291
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[LSA, Ap 2, 1 (I vis., radix); Pa, f. 33rb]Solitarii enim et contemplativi negligere solent correctionem aliorum, tamquam iudicantes soli sibi esse vacandum. Quidam etiam ex eis, propter excessus contemplationis et macerationis corpore fracti, de facili solent a sociis suaderi ut indulgeant sue carni, ita quod ex hoc plus debito delicatis utantur.
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Inf. XX, 38perché volse veder troppo davante |
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[LSA, Ap 5, 1 (II vis., radix, III sig.); Pa, ff. 64va, 65rb]Sicut enim mercatio sapientie per fidele studium scripturarum refertur ad doctores, et statera dolosi erroris, a recta equilibratione veritatis claudicans, respicit hereticos, sic spiritalis sapor et refectio eiusdem sapientie Christi refertur ad anachoritas, tantam eisdem sufficientiam tribuens ut nichil exterius querere viderentur nec aliquo exteriori egere, propter quod quasi nudi et soli in solitudinibus habitabant spiritalibus divitiis habundantes. (…)
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Purg. XXII, 145-149E le Romane antiche, per lor bere,
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[LSA, Ap 20, 1-3 (VII vis.); Pa, f. 189va]Nos autem sumus in XX° centenario urbis Rome et in XIII° Christi designato secundum eum per u, quod in ultimo labiorum quasi aspirando profertur, unde et secundum eum designat quod in fine huius centenarii carnalis ecclesia seu Babilon expirabit,
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Par. X, 87, 96, 112-113; XI, 25-26, 139; XII, 1-2, 63, 122-123
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(segue) ut in sequenti centenario designato per x litteram, que habet formam crucis et fuit per Cesarem Augustum circa Christi adventum inventa, renovetur et exaltetur crux Christi,
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Par. XIV, 100-102sì costellati facean nel profondo
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(segue) et post hoc sequantur littere a Grecis ad Latinos deducte designantes d i l atationem ecclesie ad Grecos et ad omnes gentes. |
Par. XVIII, 76-78sì dentro ai lumi sante creature
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[LSA, Ap 20, 8 (VII vis.); Pa, f. 191rb]Et subdit: «Quod vero ait: “Et ascenderunt super [la]titudinem terre, et circuierunt castra sanctorum et civitatem dilectam” (…) ibi erunt castra sanctorum et civitas Deo dilecta, ibique a suis inimicis cingetur (…)
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Inf. IX, 32; XVIII, 11cigne dintorno la città dolentepiù e più fossi cingon li castelli |
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[LSA, Ap 4, 4/8 (II vis., radix); Pa, ff. 57va-b, 61ra]Vel secundum Ioachim, duodecim apostoli per quos ecclesia de gentibus intravit ad Christum, et alii duodecim futuri evangelici per quos omnis Israel et iterum totus orbis convertetur ad Christum. Dicuntur autem esse “in circuitu sedis” (Ap 4, 4), quia ad defensionem et protectionem sancte matris ecclesie ordinati sunt quasi murus eius et etiam sicut famuli eius. (…)
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Inf. IV, 108; VIII, 123; Par. XII, 86-88, 94-96, 106-107
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[LSA, Ap 21, 12 (VII vis.); Pa, f. 197rb]Apostoli etiam fuerunt fundamenta ecclesie, prout dicitur ad Ephesios II° (Eph 2, 20); fuerunt etiam porte per quas infideles intraverunt ad fidem et ecclesiam Christi. Sed ad presens sufficit predictum modum tamquam principaliorem breviter exponere. Dicit ergo: “Et habebat murum magnum et altum”. Per magnum intelligit longum et latum, seu totum eius circuitum. Sicut autem murus opponitur exterioribus et defendit et abscondit interiora, sic sancti martires et zelativi doctores et pugiles, qui opposuerunt se hostibus et eorum impugnationibus in defensionem fidei et ecclesie, fuerunt murus ecclesie magnus et altus. Virtutes etiam hiis officiis dedicate sunt murus animarum sanctarum, qui quidem murus est ex lapide propter solidam virtutem sanctorum, et “ex lapide iaspide” (cfr. Ap 21, 18) propter virorem vive fidei, propter quam sunt zelati et passi et fortes effecti. |
Inf. IV, 107; IX, 133; X, 2; XXVI, 132; XXXII, 18sette volte cerchiato d’alte murapassammo tra i martìri e li alti spalditra ’l muro de la terra e li martìri
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303
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[LSA, Ap 5, 1 (II vis., radix, IV sig.); Pa, f. 63va-b]In quarta (apertione) vero mors sedens in equo pallido, id est in carne quasi iam emortua pallescente, domuit et infregit superbam libertatem orientalium eccle-siarum nolentium subici sedi et fidei Petri. Et certe nichil validius ad infringendam superbiam imperii nostri quam consideratio assidua et experientia humane fragilitatis et mortis, unde Ecclesiastici X° ad retundendam hominis superbiam dicitur: “Quid superbis terra et cinis?” (Ecli 10, 9), et capitulo VII° dicitur: “In omnibus operibus tuis memorare novissima tua et in eternum non peccabis” (Ecli 7, 40). |
Inf. XXV, 10-14; XXX, 13-17; XXXI, 91-92Ahi Pistoia, Pistoia, ché non stanzi
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304 |
[LSA, Ap 17, 16 (VI vis.); Pa, f. 175rb](…) incinerabunt, ut quasi non sit memoria vel signum prioris status vel glorie eius. |
Inf. XXV, 10-11; Purg. XII, 16-18, 61-63Ahi Pistoia, Pistoia, ché non stanzi
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[LSA, Ap 2, 13 (I vis., III eccl.); Pa, ff. 42va-b]Secunda est cuiusdam sui martiris in exemplum imitandum commemoratio, ibi: “Et in diebus illis” (…) Quia vero maxime virtutis et laudis est inter tales servare et confiteri fidem Christi, ideo in huius laude subdit: “et tenes nomen meum”, id est fidem et confessionem nominis mei, scilicet inter tales, “et non negasti fidem meam”, scilicet pro aliqua persecutione tibi ab illis illata. |
Inf. XIII, 73-78Per le nove radici d’esto legno
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306
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[ibid.; ff. 42vb-43ra]“Scio”, scilicet per compassivam et laudativam notitiam, “ubi habitas”, scilicet “ubi sedes est Sathane” (…) “Et in diebus illis”, scilicet in quibus tu inter tales habitasti, fuit supple, “Antipas testis meus fidelis, qui occisus est apud vos”, id est in Pergamo, scilicet pro testificatione mei et fidei mee. “Apud vos”, inquam, “ubi sedes est Sathane”, id est non a bonis sed a malis, in quibus Sathanas regnat. Constantiam autem fidei et martirium huius sancti refert (…) |
Par. III, 106-108, 118-120Uomini poi, a mal più ch’a bene usi,
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315 |
[LSA, Ap 4, 6-7 (II vis., radix); Pa, ff. 58va-b, 59ra, 60ra]“Et in medio sedis et in circuitu sedis quattuor animalia” (Ap 4, 6). Per hec quattuor animalia anagogice designantur quattuor perfectiones Dei, quibus sustentant totam sedem ecclesie triumphantis et militantis, scilicet omnipotentia magnanimis et insuperabilis, quasi leo; et patientia seu sufferentia humilis omnium defectus quantum decet subportans et tolerans, quasi bos sub iugo vel curru; et prudentia rationalis omnia discrete et mansuete regens et moderans, quasi homo; et perspicacia altivola omniumque visiva et penetrativa et diiudicativa, quasi aquila. (…) Item designant quattuor sensus scripture. Ystoricus enim assimilatur vitulo, terram humanorum gestorum sulcanti et adherenti terre et carni littere. Moralis vero, mores hominum rationabiliter et modeste componens, assimilatur homini. Allegoricus vero, leoninos triumphos Christi et sanctorum ex gestis et verbis figuralibus trahens, leoni assimilatur. Anagogicus vero, supercelestia contemplans, assimilatur aquile. (…) Non enim dicit quod tertium animal esset simile homini, quia tunc non haberet speciem iumenti, sed solum dicit quod habebat “faciem quasi hominis” (Ap 4, 7) ac si totum reliquum corpus esset simile animali bruto. Et secundum hoc incipiendo a leone, quasi in dextera parte frontis sedis stante, veniebatur per vitulum ad hominem, deinde ad aquilam, in signum quod desiderium et spes glorie et resurrectionis Christi nos animat et ducit ad tolerantiam passionum, per quarum experientiam facti discreti ascendimus ad contemplativum volatum et amplexum glorie Christi predesiderate.[LSA, Prologus, Notabile I; Pa, f. 3ra]Tertius (status) est confessorum seu doctorum, homini rationali appropriatus.[LSA, Ap 2, 1 (III exerc.); Pa, f. 32vb]Tertium (exercitium) est discretio prudentie ex temptamentorum experientiis, et exercitiis acquisita providens conferentia et excludens stulta et erronea.[LSA, Ap 6, 6 (II vis., III sig.); Pa, f. 76ra]Item, secundum eundem (Ioachim), in ipsa littera scripturarum possunt hee quattuor species notari, quia multa sunt ibi litteraliter scripta ad edificationem fidei, cuius edificationi allegorica valde deservit, multa etiam sunt ibi ad instructionem temporum et gestorum et multa ad compositionem morum et multa ad perfectionem contemplationum celestium. Prudens autem predicator sic pro certo pretio tradit triticum et ordeum, id est ea que scripta sunt ad edificationem fidei et corporalis exercitationis que ad modicum utilis est, ut nequaquam ita statuat ista duo ut ea que scripta sunt de moribus et contemplationibus ledantur, quod utique accidere posset si sic docerentur illa duo sufficere ut duo alia spernerentur. |
Purg. IV, 13-14, 25-30; Par. XXXIII, 10-15
Di ciò ebb’ io esperïenza vera,
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[ibid.]Prudens autem predicator sic pro certo pretio tradit triticum et ordeum (…) |
Purg. XXIV, 34-36Ma come fa chi guarda e poi s’apprezza
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317 |
[ibid.; Pa, f. 76rb]Per vocem autem in medio quattuor animalium factam et auditam potest significari resonantia quadruplicis perfectionis Christi secundum quas oportebat formari quattuor ordines perfectorum in ecclesia Christi, ita quod nullis temptationibus aut persecutionibus posset hic impediri. |
Inf. IV, 79, 82-83Intanto voce fu per me uditaPoi che la voce fu restata e queta,
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318 |
[LSA, Ap 4, 7-8 (II vis., radix); Pa, f. 60vb]Dividit (Ioachim) enim viginti quattuor legiones in quattuor partes secundum quattuor animalia, ita ut in leone accipiamus fortes in fide, in vitulo autem robustos in patientia, in homine preditos scientia, in aquila contemplatione suspensos.[LSA, Ap 8, 13 (III vis., IV tub.); Pa, f. 100rb-va]Per aquilam designantur hic alti contemplativi quarti temporis, qui prophetico spiritu presenserunt et predixerunt mala que post finem quarti temporis debebant subsequi. Inter quos credit Ioachim per hanc aquilam specialius designari beatum papam Gregorium, qui utique fuit in quarto tempore, prout supra fuit in principio prenotatum. Ipse enim «libere plurima de mundi fine et de pressura seculi scripsisse dinoscitur, quique allegoriarum semitas ac si arduas celi vias altius pre ceteris prevolavit, neque enim invenitur alius similis eius, qui ista erumpnosa tempora appropinquasse in suis operibus testaretur». Hec Ioachim. |
Inf. II, 52-54; IV, 43-45, 94-96; Purg. IX, 19-21Io era tra color che son sospesi,
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[LSA, Ap 8, 7 (III vis., I tub.); Pa, f. 96va]“Grando” significat duritiam et pertinaciam Iudeorum, que ad predicationem Christi et apostolorum fuit fortius congelata et indurata, sicut ad Moysi verba et signa Pharao fortius induravit cor suum. (…) |
Inf. I, 19-21Allor fu la paura un poco queta,
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339 |
[ibid.; Pa, ff. 96va-97ra]“Grando” significat duritiam et pertinaciam Iudeorum, que ad predicationem Christi et apostolorum fuit fortius congelata et indurata, sicut ad Moysi verba et signa Pharao fortius induravit cor suum. (…)
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Purg. I, 94-96, 100-105, 124-129, 133-136Va dunque, e fa che tu costui ricinghe
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[LSA, Ap 12, 6 (IV vis., I prel.); Pa, ff. 134vb-135ra]Ut enim persona Filii similis est persone Patris, et tamen alia est Patris proprietas, alia Filii, ita novum testamentum est simile veteri, tamen alia est proprietas veteris et alia novi. In quibus proprietatibus non est similitudo, quatinus in hoc quod est simile pateat novum procedere a veteri, et in hoc quod est dissimile intelligantur non esse unum sed duo. Sicut enim arbores sunt plerumque in stipitibus similes sed in ramis foliisque dissimiles, sic et duo testamenta sunt in rebus generalibus similia sed in specialibus dissimilia, et ideo velle sub una concordie lege cuncta ligare decipere est. Nec enim debitum est ut non liceret ei, qu[i] cuncta fecit in sapientia, ire quo vellet, et generalibus, ut ita dixerim, filis interserere diversos colores, qui varietate sua telarum superficiem multo amplius decorarent et appareret quid differat inter telam et telam. |
Inf. I, 103-105; XVII, 16-18; Par. IX, 49-54Questi non ciberà terra né peltro,
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341
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[ibid.]Ut enim persona Filii similis est persone Patris, et tamen alia est Patris proprietas, alia Filii, ita novum testamentum est simile veteri, tamen alia est proprietas veteris et alia novi. In quibus proprietatibus non est similitudo, quatinus in hoc quod est simile pateat novum procedere a veteri, et in hoc quod est dissimile intelligantur non esse unum sed duo. Sicut enim arbores sunt plerumque in stipitibus similes sed in ramis foliisque dissimiles, sic et duo testamenta sunt in rebus generalibus similia sed in specialibus dissimilia, et ideo velle sub una concordie lege cuncta ligare decipere est. Nec enim debitum est ut non liceret ei, qu[i] cuncta fecit in sapientia, ire quo vellet, et generalibus, ut ita dixerim, filis interserere diversos colores, qui varietate sua telarum superficiem multo amplius decorarent et appareret quid differat inter telam et telam. |
Inf. XXV, 61-69, 118-120Poi s’appiccar, come di calda cera
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342 |
[ibid.]Ut enim persona Filii similis est persone Patris, et tamen alia est Patris proprietas, alia Filii, ita novum testamentum est simile veteri, tamen alia est proprietas veteris et alia novi. In quibus proprietatibus non est similitudo, quatinus in hoc quod est simile pateat novum procedere a veteri, et in hoc quod est dissimile intelligantur non esse unum sed duo. Sicut enim arbores sunt plerumque in stipitibus similes sed in ramis foliisque dissimiles, sic et duo testamenta sunt in rebus generalibus similia sed in specialibus dissimilia, et ideo velle sub una concordie lege cuncta ligare decipere est. Nec enim debitum est ut non liceret ei, qu[i] cuncta fecit in sapientia, ire quo vellet, et generalibus, ut ita dixerim, filis interserere diversos colores, qui varietate sua telarum superficiem multo amplius decorarent et appareret quid differat inter telam et telam. |
Par. VIII, 118-123, 133-135
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[343]
[Ap 2, 4-5 (I vis., I eccl.); Pa, ff. 37vb-38ra] Subdit ergo (Ap 2, 4): “Sed habeo adversum te” (quidam addunt “pauca”, sed non est de textu nisi solum in tertia ecclesia [cfr. Ap 2, 14], non autem hic nec in quarta [cfr. Ap 2, 20]) “quod caritatem tuam primam reliquisti”. Ricardus: «id est, quia te in dilectione Dei et proximi minorasti. Non dicit absolute ‘quod caritatem reliquisti’, sed “quod caritatem primam”, ex quo animadvertere possumus quod in bono quidem fuit minoratus sed non omnino bono evacuatus. In gratia enim accepta nimis secure vixerat et quedam negligenter egerat, et ideo de culmine sue perfectionis ceciderat ad minorationem sue perfectionis.
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Purg. XXX, 127-132, 136-138Quando di carne a spirto era salita,
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[344]
[LSA, Ap 2, 5 (I vis., I eccl.); Pa, f. 38ra]Sed Dominus eum consulendo admonet ut penitendo gradum amissum recuperet, dicens (Ap 2, 5): “Memor esto itaque unde excideris, et age penitentiam et prima opera fac”. Quasi dicat: attende quod de fastigio tue perfectionis excideris et ad infimum perfectionis decideris, et age penitentiam de negligentia, et prima opera faciendo recupera primam gratiam». Hec Ricardus.
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[LSA, Ap 3, 2-3 (I vis., V eccl.); Pa, ff. 46va-47ra]“Esto vigilans” (Ap 3, 2), id est non torpens vel dormiens, sed attente sollicitus de salute tua. Ille enim dormit, qui in peccatis quiescit quasi sopitus et negligit curare de salute anime sue. Quia vero iste, tamquam episcopus, tenebatur sollicite curare non solum de sua salute sed etiam subditorum suorum, ideo pro utroque monetur ut vigilet. (…)“In mente ergo habe” (Ap 3, 3), id est attente recogita, “qualiter acceperis”, scilicet a Deo priorem gratiam, “et audieris”, ab homine scilicet per predicationem evangelicam, “et serva”, scilicet illa que per predicationem audisti et per influxum gratie a Deo primitus accepisti. Vel recogita qualiter per proprium consensum accepisti fidem et gratiam et statum eius, prout a me et a ceteris tibi predicantibus audivisti. “Et serva” ea “et penitentiam age”, scilicet de tuis malis, quasi dicat: si digne recogitaveris gratiam tibi prius impensam et qualiter prius accepisti eandem, servabis eam et penitentiam ages. Innuit etiam per hoc quod sic fuit otiosus et torpens, quod in mente non habuit qualiter acceperit et audierit statum et gratiam sue perfectionis, et quod ideo sic corruit. Que quidem nimis correspondenter patent in hoc cursu novissimo quinti temporis ecclesiastici. Deinde comminatur eidem iudicium sibi occulte et inopinate superventurum si non se correxerit, unde subdit: “Si ergo non vigilaveris, veniam ad te tamquam fur” (…) |
Inf. I, 1-6, 10-12; XX, 127-129Nel mezzo del cammin di nostra vita
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Par. XXXIII, 133-135Qual è ’l geomètra che tutto s’affige
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[LSA, Ap 7, 2 (II vis., VI sig.); Pa, f. 85va-b]Hic ergo angelus est Franciscus, evangelice vite et regule sexto et septimo tempore propagande et magnificande renovator et summus post Christum et eius matrem observator, “ascendens ab ortu solis”, id est ab illa vita quam Christus sol mundi in suo “ortu”, id est in primo suo adventu, attulit nobis. Nam decem umbratiles lineas orologii Acaz Christus in Francisco reascendit usque ad illud mane in quo Christus est ortus (4 Rg 20, 9-11; Is 38, 8). Ascendit etiam “ab ortu solis”, quia sui ascensus in Deum fundamentum et initium cepit a sede romana, que inter quinque patriarchales ecclesias est principaliter sedes et civitas solis, id est Christi et fidei eius, de qua typice dicitur Isaie XIX°: “In die illa erunt quinque civitates in terra Egipti” et cetera, “civitas solis vocabitur una” (Is 19, 18). Ascendit etiam “ab ortu solis”, id est circa initium solaris diei sexte et septime apertionis seu tertii generalis status mundi.[LSA, Prologus, Notabile VII; Pa, f. 10ra]Prima (responsio) est quia licet condescensio quinti status in infirmis, pro quibus fit, sit imperfectior, in sanctis tamen, arduas perfectiones priorum statuum in habitu mentis tenentibus et ex sola caritate et infirmorum utilitate condescendentibus, est ipsa condescensio ad perfectionis augmentum, prout patet in Christo infirmis condescendente. Unde et Ade subtracta est fortis costa ad formationem Eve, “et replevit” Deus “carnem pro ea” (Gn 2, 21), id est pietatem condescensionis pro robore solitarie austeritatis.[LSA, Ap 10, 1-3 (III vis., VI tub.); Pa, ff. 114vb, 115va]Ipse enim fuit singulariter “fortis” in omni virtute et opere Dei (Ap 10, 1), et per summam humilitatem et recognitionem prime originis omnis nature et gratie semper “descendens de celo”, et per aeream et per subtilem seu spiritualem levitatem ab omni pondere terrenorum excussam fuit “amictus nube”, id est altissima paupertate aquis celestibus plena, id est suprema possessione et imbibitione celestium divitiarum. (…) Sicut enim nubes est supra inter nos et celum suscipiens solis radios et contemperans nobis eos, et est purgans aquis pluvialibus et fecundis ipsasque ad fructificationem terre nascentium moderate effundens, sic est hec scriptura sacra spiritualiter; in caritate etiam et sapientia Dei erit ut sol ad irradiandum finaliter totum orbem et ad formandum solarem diem tertii generalis status mundi. |
Par. X, 139-141; XI, 43-57Indi, come orologio che ne chiami
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[LSA, Ap 10, 1-3 (III vis., VI tub.); Pa, f. 115rb-va]Quia vero hec et sequentia in futuris eius operibus et discipulis clarius innotescent, idcirco sciendum quod a tempore sollempnis impugnationis et condempnationis evangelice vite et regule, sub mistico Antichristo fiende et sub magno amplius consumande, spiritaliter descendet Christus et eius servus Franciscus et angelicus discipulorum eius cetus contra omnes errores et malitias mundi et contra totum exercitum demonum et pravorum hominum constans et fortis et impavidus sicut leo, tam ad invadendum quam ad patiendum. Et per profundissimam sui humiliationem et per sue originis a Deo humilem recognitionem et per sui ad inferiores piam condescensionem descendet “de celo”, eritque scientia scripturarum non terrestrium et falsarum sed celestium et purissimarum quasi “nube amictus”, et etiam agillima et altissima et fecunda simul et obscura seu humili paupertate.[LSA, Ap 1, 5 (Prohemium, Salutatio); Pa, f. 25rb]Pro tertio dicit: “Et a Ihesu Christo” (Ap 1, 5). Ne autem propter fragilitatem passionis et mortis quam tunc passus fuerat et propter contemptum quo tunc ab infidelibus spernebatur ubique crederetur esse fragilis et despectus, ideo septem notabiles primatus sibi singulariter ascribit (…)
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Par. XI, 64-66, 70-72; XII, 52-54Questa, privata del primo marito,
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[LSA, Prologus, Notabile XII; Pa, ff. 16vb-17ra]De quarto autem statu, scilicet anachoritarum, dicit Ioachim, libro V° Concordie, quod «proficiendo decrevit, quia et herba tunc magis proficit cum appropinquat ad messem. Nam tempus eius non tam illud esse dicitur in quo incipit quam illud in quo, peracta messione, grana per trituram separantur a paleis. Ordines enim iustorum propria tempora acceperunt non in quibus inceperunt sed in quibus ad consumationem et perfectionem venerunt. Quod autem diximus ordinem quartum, qui est heremitarum et virginum, proficiendo defecisse, timendum est potius quam dicendum. Aperta enim perfectio gloriationem parit, gloriatio exaltationem, exaltationem vero comitatur ruin[a], quia scriptum est: “ante ruinam exaltatur cor” (Pro 16, 18; 18, 12). Igitur ordo iste quarto tempore claruit, sed mox defecit in illa claritate et in locis illis in quibus visus est floruisse ad horam, et hoc propter malitiam habitantium in eis». Preterea fragilitas humane carnis non patitur tantum statum diu in multitudine perdurare.[LSA, Ap 8, 12 (III vis., IV tub.); Pa, f. 99va]Per “stellas” vero, quidam singulares et alti et solitarii anachorite.[LSA, Prologus, Notabile V; Pa, f. 6ra](…) tuncque (in quinto statu) congrue instituta est vita condescensiva, ut nequeuntibus in arduis perdurare daretur locus gratie in mediocri statu.[LSA, Ap 5, 1 (II vis., radix, IV sig.); Pa, f. 63rb-vb]Quartus (defectus in nobis claudens intelligentiam huius libri) est nostre libertatis superba indomabilitas. (…) In quarta (apertione) vero mors sedens in equo pallido, id est in carne quasi iam emortua pallescente, domuit et infregit superbam libertatem orientalium ecclesiarum nolentium subici sedi et fidei Petri. Et certe nichil validius ad infringendam superbiam imperii nostri quam consideratio assidua et experientia humane fragilitatis et mortis, unde Ecclesiastici X° ad retundendam hominis superbiam dicitur: “Quid superbis terra et cinis?” (Ecli 10, 9), et capitulo VII° dicitur: “In omnibus operibus tuis memorare novissima tua et in eternum non peccabis” (Ecli 7, 40). |
Inf. VIII, 46-48, 61-63Quei fu al mondo persona orgogliosa;
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[LSA, Ap 12, 17 (IV vis., V prel.); Pa, f. 141ra-b]“Et abiit facere bellum cum reliquis de semine eius, qui custodiunt mandata Dei et habent testimonium Ihesu”, id est fidelem confessionem Christi per quam testimonium perhibent de Christo. Duo ponit necessaria ad salutem, scilicet observantiam mandatorum et fidem Christi exteriori professione et confessione expressam. Ioachim dicit quod semen mulieris est Christus raptus ad tronum cum martiribus suis, et istud semen precesserat; aliud autem remanserat designatum in Iohanne evangelista, scilicet ordo monachorum quarti temporis meridianam plagam incolentium. Et ideo vocat eos reliquos seu residuos de semine mulieris. Videtur tamen quod post Christum et martires ubique dispersos egit de ecclesia post Constantinum in unum collecta et duabus alis, id est duobus ordinibus doctorum scilicet et anachoritarum altivolis, adornata et in altum sublevata, et tam in deserto gentilitatis quam in deserto contemplative solitudinis alimentum sue refectionis habente. Post hoc autem restabat agere de reliquis tam predicti temporis quam de reliquis in quinto statu relictis. Utrique enim signanter vocantur reliqui seu reliquie, quia sicut bibita superiori et puriori et maiori parte vini vasis magni restant pauce reliquie cum fecibus quibus sunt propinque et quasi commixte, sic de plenitudine purissimi vini doctorum et anachoritarum tertii et quarti temporis remanserunt reliquie circa tempora Sarracenorum; ac deinde pluribus ecclesiis per Sarracenos vastatis et occupatis, Grecisque a romana ecclesia separatis, remansit in quinto tempore sola latina ecclesia tamquam reliquie prioris ecclesie per totum orbem diffuse.
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Par. XXI, 124-128; Inf. XXVI, 114-115, 118; XV, 76-78Poca vita mortal m’era rimasa,
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[LSA, Ap 5, 1 (II vis., radix, VII sig.); Pa, f. 63rb]Septimus (defectus in nobis claudens intelligentiam huius libri) est solorum sensibilium huius mundi experimentalis apprehensibilitas. Nichil enim alterius seculi possumus hic experiri nisi per supernos spiritus reveletur, et ideo humana scientia et investigatio sumit sua prima principia ab elementis [huius] mundi, propter quod est respectu supernaturalium et superintellectualium valde fallax, prout docet Apostolus ad Colossenses II° (Col 2, 8) et Ia ad Corinthios I°, ubi dicitur quod “Deus fecit stultam sapientiam huius mundi. Nam, quia in Dei sapientia non cognovit mundus per sapientiam Deum, placuit Deo per stultitiam predicationis salvos facere credentes” (1 Cor 1, 20-21).
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Inf. XXVI, 97-99, 114-117; Purg. I, 130-132; Inf. II, 13-15vincer potero dentro a me l’ardore
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[ibid.]Septimus (defectus in nobis claudens intelligentiam huius libri) est solorum sensibilium huius mundi experimentalis apprehensibilitas. Nichil enim alterius seculi possumus hic experiri nisi per supernos spiritus reveletur, et ideo humana scientia et investigatio sumit sua prima principia ab elementis [huius] mundi, propter quod est respectu supernaturalium et superintellectualium valde fallax, prout docet Apostolus ad Colossenses II° (Col 2, 8) et Ia ad Corinthios I°, ubi dicitur quod “Deus fecit stultam sapientiam huius mundi. Nam, quia in Dei sapientia non cognovit mundus per sapientiam Deum, placuit Deo per stultitiam predicationis salvos facere credentes” (1 Cor 1, 20-21). |
Par. II, 52-57Ella sorrise alquanto, e poi: “S’elli erra
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[LSA, Prologus, Notabile XIII; Pa, f. 18rb-va]Status vero doctorum (tertius status) assimilatur ordinibus sacerdotalibus. Nam, secundum Dionysium, libro ecclesiastice hierarchie, ordo sacerdotalis est illuminativus, et ordo pontificalis est ultra hoc in Dei sapientia perfectivus, et eius est archanas rationes sacramentorum videre et alios docere. (…)
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Inf. VI, 60-63, 77-78; Purg. XVIII, 46-48; Par. VI, 31-33“ma dimmi, se tu sai, a che verranno
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[LSA, Prologus, Notabile XII; Pa, f. 16va-b]Martiria vero, martires configurantia Christo passo et testimonium dantia Christo et fidei eius et virtutis exemplum relinquentia posteris, debuerunt esse multa et diuturna, tum propter maiorem gloriam Christi, tum propter maiorem confirmationem fidei, tum propter maiorem coronam maioremque societatem ipsorum martirum. |
Par. XXXIII, 58-60, 70-72Qual è colüi che sognando vede,
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[LSA, Ap 22, 20 (Conclusio); Pa., f. 207va]Deinde subdit duo in quibus est et esse debet finis omnis sacri desiderii et totius sacre scripture, et ideo congrue in ipsis est finis huius libri. |
Par. XXXIII, 46-48E io ch’al fine di tutt’ i disii
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[LSA, Ap 2, 7 (I vis., I eccl.); Pa, f. 40rb]Item Christo, in quantum est Verbum et verbalis sapientia Patris, appropriatur interna locutio que fit per lucem simplicis intelligentie. Illa vero que fit per amoris gustum et sensum appropriatur Spiritui Sancto. Prima autem se habet ad istam sicut materialis dispositio ad ultimam formam.[Ap 15, 2 (V vis., radix); Pa, f. 159vb] Item per hoc mare principalius designatur immensa Christi sapientia plena igne caritatis (…) |
Par. XXX, 40
luce intellettüal,
piena d’amore |
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[LSA, Prologus, Notabile XIII; Pa, ff. 18rb-va, 19ra-va]Status vero doctorum (tertius status) assimilatur ordinibus sacerdotalibus. Nam, secundum Dionysium, libro ecclesiastice hierarchie, ordo sacerdotalis est illuminativus, et ordo pontificalis est ultra hoc in Dei sapientia perfectivus, et eius est archanas rationes sacramentorum videre et alios docere. (…)
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Purg. XVI, 58-63, 85-88, 94-97, 103-105, 113-114, 125-138Lo mondo è ben così tutto diserto
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[Ap 7, 1-3 (II vis., VI sig.); Pa, ff. 84va-b, 85rb, 86rb-va]“Post hec vidi” et cetera (Ap 7, 1). Hic ostenditur quomodo, post prefatum iudicium et exterminium carnalis ecclesie, nitentur demones et homines impii impedire predicationem fidei et conversionem gentium ad fidem et etiam conservationem fidelium in fide iam suscepta. Unde ait: “Post hec”, id est post predictum iudicium, “vidi quattuor angelos stantes super quattuor angulos terre”. Secundum Ricardum, isti quattuor angeli sunt universi demones totum mundum in suis quattuor angulis tempore illo possidere cupientes, suntque “stantes” quia sunt in hoc immorantes et fixe considerantes quos in tota latitudine mundi possint devorare. Et secundum hoc sicut per quattuor angulos designatur totus orbis, sic et per quattuor angelos in eis stantes designatur universitas demonum vel principales eorum. Secundum autem Ioachim, per eos designantur gentes infideles seu heretici, qui sunt in circuitu ecclesie prohibentes doctores christianos ne verbum Dei predicent populis eis subiectis. (…)
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(1) Inf. III, 94-98E ’l duca lui: “Caron, non ti crucciare:
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[LSA, Ap 7, 2 (II vis., VI sig.); Pa, ff. 85rb-va, 86ra]Sequitur tertia pars, scilicet prohibitio predicti impedimenti per subscriptum angelum facta: “Et vidi alterum angelum”, alterum scilicet a quattuor iam premissis, et alterum non tantum in persona sed etiam in virtute et officio. Nam illi mali et impeditivi boni, iste vero in utroque contrarius eis. De hoc dicit hic Ioachim: Angelus iste est ille, quem Christus per concordiam respicit, futurus in principio tertii status. «Ascendet autem “ab ortu solis”, quia ut casus presentis vite non timeatur, predicabit certis indiciis veri solis adventum et vicinam iustorum omnium resurrectionem. Ad cuius clamoris virtutem adversarie potestates quiescent, et gaudium quod in sexta parte libri inter casum Babilonis et inter prelium bestie et regum terre contra sedentem in equo albo demonstratur futurum permittent fieri vel inviti, quatinus fideles acies, signo crucis instructe ad complendum numerum electorum, quod reliquum erit prelii expedire percurrant. Sicut et Petrus, post piscationem centum quinquaginta trium piscium magnorum, vocatus est ad prandium Christi sed mox, peracto prandio, audivit Christum dicentem sibi: “Sequere me”, scilicet ad crucem (cfr. Jo 21, 4-19). Nox enim illa in qua frustra usque mane piscatus est Petrus designat tribulationem primam, prandium autem quod post piscationem celebratum est mane designat gaudium quod noctis huius [tribulationem] sequetur, quo consummato mox incipiet prelium illud magnum de quo in sexta parte libri, capitulo scilicet XIX°, dicitur: “Vidi bestiam et reges terre et exercitus eorum congregatos ad faciendum prelium cum illo, qui sedebat in equo, et cum exercitu eius” (Ap 19, 19)». Usque huc Ioachim. Hic ergo angelus est Franciscus, evangelice vite et regule sexto et septimo tempore propagande et magnificande renovator et summus post Christum et eius matrem observator, “ascendens ab ortu solis”, id est ab illa vita quam Christus sol mundi in suo “ortu”, id est in primo suo adventu, attulit nobis. Nam decem umbratiles lineas orologii Acaz Christus in Francisco reascendit usque ad illud mane in quo Christus est ortus (4 Rg 20, 9-11; Is 38, 8). (…) Item Ioachim, libro IIII° Concordie, ubi agit de quadragesima secunda generatione, dicit quod post eius tribulationem ascendet universalis pontifex nove Iherusalem quasi novus dux de Babilone, in cuius typo scriptum est in Apocalipsi: “Vidi angelum ascendentem” et cetera. (…) |
Inf. I, 19-21, 28-30, 37-40, 112-113, 133-136; II, 3-5; XIX, 90-93Allor fu la paura un poco queta,
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[403]
[LSA, Ap 4, 3-4 (II vis., radix); Pa, ff. 57ra, va-b, 58ra-b]
“Et qui sedebat, similis erat aspectui”, id est aspectibili seu visibili forme, “lapidis iaspidis et sardini” (Ap 4, 3). Lapidi dicitur similis, quia Deus est per naturam firmus et immutabilis et in sua iustitia solidus et stabilis, et firmiter regit et statuit omnia per potentiam infrangibilem proprie virtutis. (…)
“Et in circuitu sedis sedilia viginti quattuor” (Ap 4, 4), scilicet erant, nobiles quidem sedes prima tamen longe inferiores; “et super sedilia”, scilicet erant, “viginti quattuor seniores sedentes, circumamicti stolis albis, et in capitibus eorum corone auree”.
Ex coronis et sedilibus eorum patet quod erant quasi reges vel pontifices sub summo imperatore et iudice et tamquam eius consiliarii sibi assistentes et circumsedentes, propter quod describuntur esse seniores tamquam magne experientie et prudentie et maturi ac providi iudicii et consilii. (…) Per coronas autem aureas designatur principatus seu prelationis auctoritas et premii ac meriti sanctorum dignitas. (…)
Ad insinuandum autem quod liber signatus est comprehensivus summe sapientie Dei universi orbis gubernative et specialiter electorum suorum, Deus apparet hic tamquam summus et sapientissimus iudex et rector omnium, cuius gubernationes et documenta per magistrorum consilium descendunt ad nos quasi a pastore uno, prout dicitur Ecclesiastes ultimo (Ec 12, 11).
Per istos igitur anagogice designantur celestes angeli et potissime supremi; allegorice autem prophete et apostoli ceterique prelati, per quorum documenta et consilia a Deo accepta regitur universa ecclesia. Vel, secundum Ioachim, duodecim apostoli per quos ecclesia de gentibus intravit ad Christum, et alii duodecim futuri evangelici per quos omnis Israel et iterum totus orbis convertetur ad Christum.
Dicuntur autem esse “in circuitu sedis”, quia ad defensionem et protectionem sancte matris ecclesie ordinati sunt quasi murus eius et etiam sicut famuli eius. Sicut enim sedes Dei integratur ex ecclesia plenitudinis gentium et ex finali ecclesia reliquiarum Iudeorum et gentium tamquam ex parte sinistra et dextera, sic duodecim principes unius partis stant ad sinistram sedis et duodecim principes alterius partis stant ad dexteram eius. Per eorum autem sedilia designantur ecclesie eis subiecte. (…)
Per stolas autem albas, quibus sunt induti, designatur candor glorie et singularis munditie, quam decet et oportet inesse primis et propinquioribus consiliariis et assessoribus purissimi Dei.
Inf. IV, 112-114, 130-135Genti v’eran con occhi tardi e gravi,
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Purg. XXXI, 106-108Noi siam qui ninfe e nel ciel siamo stelle;
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[LSA, Ap 4, 5 (II vis., radix); Pa, f. 58rb]
Voces enim in terra fiunt, tonitrua vero in celo seu ethere, vocesque sunt modice respectu tonitruorum.
[LSA, Ap 8, 5 (III vis., radix) ; Pa, ff. 95vb-96ra]
(…) “et voces”, scilicet doctrine rationalis et quasi humane (…)
[LSA, Ap 11, 19 (IV vis., radix) ; Pa, f. 127rb]
(…) “et voces”, id est et suaves ac rationabiles persuasiones et predicationes sunt facte.
[LSA, Ap 4, 9-10 (II vis., radix); Pa, f. 61va]
“Et cum darent illa quattuor animalia gloriam et honorem et benedictionem sedenti super tronum, viventi in secula seculorum, proc[i]debant viginti quattuor seniores ante sedentem in trono”. Supradictam laudem vocat dare Deo “gloriam”, [quia] ascribit Deo suam essentialem gloriam qua est in se essentialiter beatus et gloriosus. Dat etiam “honorem”, quia est actus quo Deus a laudantibus honoratur et quo se subiciunt ei tamquam summe reverendo et tamquam Deo suo summe ab eis honorando.
[LSA, Ap 5, 12 (II vis., radix); Pa, f. 71rb]
“Honor” vero est dignitas summi dominii super omnia, ac reverentia et recognitio summe subiectionis et famulatus Christo ab omnibus exhibita gratis vel invite.
[LSA, Ap 5, 4 (II vis., radix); Pa, ff. 66va, 67va]
Deinde subditur gemitus Iohannis procedens ex desiderio apertionis et ex visa impossibilitate et indignitate omnium ad ipsam complendam. Ait enim: “Et ego flebam multum, quoniam nemo dignus inventus est aperire librum nec videre illum”. Iohannes tenet hic typum omnium sanctorum patrum salvatorem et divine gratie et glorie promeritorem et impetratorem et largitorem desiderantium et pro eius dilatione et inaccessibilitate gementium. Hic autem gemitus pro tanto est in sanctis post Christi adventum pro quanto ad ipsum pro consumatione totius ecclesie et pro gratia et gloria per ipsum impetranda et largienda toto corde suspirant, et pro quanto cum humili gemitu recognoscunt nullum ad hoc fuisse potentem et dignum nisi solum Christum; potissime tamen designat cetum et statum contemplativorum, qui pre ceteris altius et viscerosius ad istud suspirant. (…) Item fletus hic quantus fuit in sanctis patribus ante Christum; cum etiam essent in limbo inferni, quanto desiderio suspirabant ut liber vite aperiretur eis et omnibus cultoribus Dei!
Inf. IV, 25-27Quivi, secondo che per ascoltare,
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[LSA, Prologus, Notabile X; Pa, f. 14vb]Ideo autem quartus status concurrit eodem tempore cum tertio, quia sicut affectus exigit notitiam intellectus, nec ista notitia est sancta absque sancto affectu, sic affectualis exercitatio et contemplatio anachoritarum et sanctorum illitteratorum eguit preclaro lumine doctorum, nec illud preclarum esse potuit absque precellentia vite. Unde ad mutuum obsequium et ad meridiem universi orbis tunc ad fidem conversi simul clarificandam et inflammandam debuerunt illi duo status concurrere simul. Sicut autem notitia preit amorem, quia non potest amari nisi cognitum, sic status doctorum in hoc libro premittitur ante statum anachoritarum; in quarta tamen visione ostenduntur simul concurrere, ubi dicitur quod “date sunt mulieri due ale aquile magne ut volaret in desertum” (Ap 12, 14). |
Inf. XXXIV, 46-48, 72-73Sotto ciascuna uscivan due grand’ ali,
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[LSA, Ap 12, 14 (IV vis., III-IV prel.); Pa, f. 138va-b]Antequam autem hic explicetur qualis fuit hec persecutio, ostendit duplicem virtutem tunc datam ecclesie ad triumphandum de hac gemina persecutione. Unde subdit: “Et date sunt mulieri due ale aquile magne”, id est sublimis sapientia sanctorum doctorum et sublimis vita et caritas sanctorum anachoritarum et ceterorum regularium illius temporis. Hec enim sunt “due [ale] aquile magne”, id est Christi et sue contemplative ecclesie in apostolis primo fundate. Nonne enim Iohannes vel Paulus fuit aquila magna habens has duas alas? Item potestas imperialis seu temporalis et potestas spiritualis super totum orbem sunt due ale. Licet enim prius secundum rem haberet potestatem spiritualem, non tamen sic evidenter et efficaciter sicut cum imperium romanum fuit sibi famulatorie et devote subiectum.Purg. XVI, 73-78Lo cielo i vostri movimenti inizia;
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[LSA, Ap 8, 12 (III vis., IV tub.); Pa, f. 99va]Per “solem” videtur hic designari solaris vita et contemplatio summorum anachoritarum, qui fuerunt patres et exempla aliorum, vel solaris sapientia et doctrina summorum doctorum.Purg. XVI, 106-112Soleva Roma, che ’l buon mondo feo,
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spada (terzo stato)[LSA, Ap 2, 12 (I vis., III eccl.); Pa, f. 42va-b]Hiis autem premittuntur duo, scilicet preceptum de scribendo hec sibi et introductio Christi loquentis, cum subdit: “Hec dicit qui habet rumpheam”, id est spatam, “ex utraque parte acutam”. Hoc congruit ei, quod infra dicit: “pugnabo cum illis in gladio oris mei” (Ap 2, 16). Unde contra doctores pestiferos erronee doctrine et secte ingerit se ut terribilem confutatorem et condempnatorem ipsorum per incisivam doctrinam et condempnativam sententiam oris sui. Dicit autem “ex utraque parte”, non solum quia absque acceptione personarum omnia vitia scindit et resecat vel condempnat, sed etiam quia contrarios errores destruit. Arrius enim, quasi ex uno latere, errat dicendo Dei Filium esse substantialiter diversum a Patre tamquam eius creaturam. Sabellius vero, quasi ab opposito latere, dicit quod eadem persona est Pater et Filius. Fides autem Christi utrumque scindit et resecat.
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pasturale (quarto stato)[LSA, Prologus, Notabile III; Pa, f. 3vb]Patet enim hoc de primo dono. Nam pastoralis cura insistit primo ovium propagationi. Secundo earum defensioni ab imbribus et lupis et consimilibus. Tertio earum directioni seu deductioni ad exteriora. Quarto earum pascuali refectioni. (…) Constat autem quod propagatio appropriatur prime plantationi ecclesie sub apostolis, defensio vero militari pugne martirum, directio vero eruditioni doctorum, refectio autem studiose et refective devotioni anachoritarum et sic de aliis.[LSA, Prologus, Notabile XIII; Pa, f. 18va]Refectio vero eucharistie congruit devotioni anachoritarum.Monarchia, III, xv, 17-18: Que quidem veritas ultime questionis non sic stricte recipienda est, ut romanus Princeps in aliquo romano Pontifici non subiaceat, cum mortalis ista felicitas quodammodo ad inmortalem felicitatem ordinetur. Illa igitur reverentia Cesar utatur ad Petrum qua primogenitus filius debet uti ad patrem: ut luce paterne gratie illustratus virtuosius orbem terre irradiet, cui ab Illo solo prefectus est, qui est omnium spiritualium et temporalium gubernator. |
[LSA, Ap 2, 7 (I vis., I vict.); Pa, f. 33vb] Dicit autem “Dei mei” quia Christus in quantum homo minor est Deo Patre, ita quod in quantum homo habet Patrem pro Deo et Domino et etiam totam Trinitatem. (…) [Ap 3, 12 (I vis., VI vict.); Pa, f. 35rb] Quod Christus hic vel alibi dicit “Dei mei” vel “a Deo meo”, non dicit nisi tantum ratione sue humanitatis, secundum quam est subiectus Patri et toti Trinitati tamquam Deo suo. (…) [Ap 8, 3 (III vis., radix) ; Pa, f. 95ra] Qui “venit”, per nature humane et mortalis assumptionem, “et stetit ante altare”, id est ante curiam seu hierarchiam celestem. Pro quanto enim, secundum carnis sue passibilitatem, minoratus est paulo minus ab angelis (cfr. Heb 2, 7; Ps 8, 6), habuit eos quasi ante se. (…) [Ap 14, 18 (IV vis., VII prel.); Pa, f. 157ra-b] Per illum vero angelum qui clamat ad alterum ut vindemiet dicit (Ricardus) designari angelos bonos, qui non solum de templo sed etiam de altari exeunt quia non tantum ecclesiam electorum sed etiam Christum, qui est nostrum altare, respectu sue carnis transcendunt, secundum illud Psalmi (Ps 8, 6): “Minuisti eum paulo minus ab angelis”.
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[405 (colori liberamente scelti)]
[LSA, Ap 2, 7 (I vis., I eccl.); Pa, f. 40ra-b]Quadruplici enim ex causa hec informatio primo proponitur ut a Christo dicta et ultimo ut dicta a Sancto Spiritu.
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Purg. XIV, 10-15e disse l’uno: “O anima che fitta
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[Ap 3, 7 (I vis., VI eccl); Pa, f. 48ra-b] Significatur etiam per hoc proprium donum et singularis proprietas tertii status mundi sub sexto statu ecclesie inchoandi et Spiritui Sancto per quandam anthonomasiam appropriati. Sicut enim in primo statu seculi ante Christum studium fuit patribus enarrare magna opera Domini inchoata ab origine mundi, in secundo vero statu a Christo usque ad tertium statum cura fuit filiis querere sapientiam misticam rerum et misteria occulta a generationibus seculorum, sic in tertio nichil restat nisi ut psallamus et iubilemus Deo, laudantes eius opera magna et eius multiformem sapientiam et bonitatem in suis operibus et scripturarum sermonibus clare manifestatam. Sicut etiam in primo tempore exhibuit se Deus Pater ut terribilem et metuendum, unde tunc claruit eius timor, sic in secundo exhibuit se Deus Filius ut magistrum et reseratorem et ut Verbum expressivum sapientie sui Patris, sic in tertio tempore Spiritus Sanctus exhibebit se ut flammam et fornacem divini amoris et ut cellarium spiritualis ebrietatis et ut apothecam divinorum aromatum et spiritualium unctionum et unguentorum et ut tripudium spiritualium iubilationum et iocunditatum, per que non solum simplici intelligentia, sed etiam gustativa et palpativa experientia videbitur omnis veritas sapientie Verbi Dei incarnati et potentie Dei Patris. Christus enim promisit quod “cum venerit ille Spiritus veritatis, docebit vos omnem veritatem” et “ille me clarificabit” et cetera (Jo 16, 13-14).
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[406]
Purg. XXII, 70-72quando dicesti: ‘Secol si rinova;
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Egloga IV, 5-7magnus ab integro saeclorum nascitur ordo;
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[LSA, Ap 12, 7 (IV vis., II prel.); Pa, ff. 136vb-137ra]Tertio ut modus loquendi in hac quarta visione conformetur proprietatibus quarti status virginum et angel[ic]orum et anachoritarum seu contemplativorum, unde et ecclesia descripta est hic sub typo Virginis matris Christi, non carnali indumento sed celesti et solari indute, nec quasi stans in terra cum hominibus et bestiis sed tamquam stans in celo cum angelis, unde et infra describit virgineam prolem eius tamquam agnos incorruptos et citharedos et Agni Dei indivisos socios (cf. Ap 14, 1-5). |
[407]
[LSA, Ap 13, 1 (IV vis., V prel.); Pa, f. f. 142rb-va]Tertio nota quod mos est scripture prophetice, dum de uno speciali agit sub quo spiritus propheticus invenit locum idoneum ad exeundum et dilatandum se, a specialibus ad generalia ascendere et expandi ad illa, iuxta quod Isaias, loquendo de Babilone et eius rege, dilatat se ad loquendum contra totum orbem Babiloni similem et contra Luciferum regem omnium superborum et malorum quasi regem magne Babilonis (cf. Is 14, 12-21). Sic etiam Ezechiel, loquendo contra Tirum, diffundit se ad totum orbem et ad supremum Cherub de “medio lapidum ignitorum”, id est sanctorum angelorum, deiectum (Ez 28, 14-19). Sic etiam Christus Matthei XXIII° (Mt 23, 35-36) ascribit omnia mala totius generationis omnium reproborum generationi male Iudeorum sui temporis, tamquam a particulari ascendens ad generale et tamquam universale reducens ad suum particulare, cum ait quod “omnis sanguis” iustorum impie “effusus a sanguine Abel iusti usque ad sanguinem Zacharie” veniet “super generationem istam”. Sic ergo in proposito, occasione bestie sarracenice, dilatatur spiritus propheticus ad totam bestialem catervam omnium reproborum, que ab initio mundi usque ad finem pugnat contra corpus seu ecclesiam electorum et per septem etates seculi habet capita septem; specialiter tamen a Christo usque ad finem mundi per septem ecclesiastica tempora habet septem principalia capita contra septem ecclesie spiritales status et exercitus.
Inf. I, 1-2Nel mezzo del cammin di nostra vita
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Inf. XXVI, 1-3Godi, Fiorenza, poi che se’ sì grande,
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[408]
[LSA, Prologus, Notabile XIII; Pa, f. 21ra]Secundo elucidat ipsam (obscuritatem scripture veteris) distinguendo tres fines seu tres Christi adventus in prophetis indistincte involutos. Sicut enim viro distanti a monte magno, duas magnas valles seu planities intra se continente ac per consequens et trino, videtur mons ille non ut trinus sed tantum ut unus mons nullis vallibus distinctus, ex quo vero vir ille stat super primum montem videt primam vallem et duos montes illam vallem concludentes, ex quo vero stat in monte secundo seu medio videt duas valles cum montium ipsas concludentium trinitate, sic Iudei, qui fuerunt ante primum Christi adventum quasi ante primum montem, non distinxerunt inter primum et postremos sed sumpserunt totum pro uno.
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Inf. XXVI, 133-135quando n’apparve una montagna, bruna
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[LSA, Ap 2, 2-3 (I vis., I eccl.); Pa, f. 37ra-vb]In sua autem allocutione primo incipit a commendatione, tum ut laudando erigat ipsum ad meliora et confortet ad firmius perseverandum in bonis commendatis, tum ut sequens increpatio meliori animo suscipiatur, sicut prudens surgicus primo palpat suaviter membra sana ut infirmus quietius tolleret percussionem membri infirmi.
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[LSA, Ap 11, 1-2 (III vis., VI tub.); Pa, ff. 118va-119ra]“Et datus est michi calamus” (Ap 11, 1). Hic ordini prefato datur potestas et discretio regendi ecclesiam illius temporis. Datio enim potestatis significatur [per] donationem calami, quo artifices domorum solent mensurare edificia sua. Discretio vero regendi sibi dari designatur, tum per regularem ipsius calami rectitudinem et mensuram, tum per hoc quod docetur quos debeat mensurare, id est regere, et quos relinquere. Dicit autem: “Et datus est michi”, supple a Deo, “calamus similis virge”, quasi dicat: non similis vacue et fragili canne seu arundini, sed potius recte et solide virge. Et certe tali communiter mensurantur panni et edificia. Per hanc autem designatur pontificalis vel magistralis seu gubernatoria auctoritas et virtus et iustitia potens corrigere et rectificare et recte dirigere ecclesiam Dei. Secundum Ioachim, calamus iste signat linguam eruditam, dicente Psalmo (Ps 44, 2): “Lingua mea calamus scribe”, qui est similis virge, quia sicut austeritate virge coarcentur iumenta indomita, ita lingue disciplina dura corda hominum corriguntur.
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[LSA, Ap 9, 14 (III vis., VI tub.); Pa, f. 110ra-b]Sequitur (Ap 9, 14): “qui alligati sunt in flumine magno Eufrate” id est, secundum Ricardum, per baptismum christianitatis, propter cuius meritum non sunt usque huc permissi christianitatem destruere. Vel, secundum Ioachim, “in flumine magno”, id est in romano imperio, quo resistente potenter non fuere permissi transire metas quas posuit ibi Deus. Cum autem sextus angelus effuderit phialam suam super flumen magnum Eufra[ten] ad siccandas aquas eius, id est multitudines militie equitum et peditum populi christiani et latini que tenent alligatas gentes infideles, tunc preparabitur via ut veniant ad percutiendum Babilonem “que”, sicut infra dicitur, “sedet super aquas multas” (Ap 17, 1), que aque multe sunt populi multi, prout ibi dicit Iohannes (Ap 17, 15). Congrue autem designantur per Eufraten, quia ille erat fluvius Babilonis prime, ex quo magnum robur et decorem et potum et irrigationem habebat. |
[LSA, Ap 20, 1/3 (VII vis.); Pa, ff. 187vb-188ra]Per “clavem” autem “abissi”, quam habet angelus (Ap 20, 1), designatur potestas claudendi diabolum in abisso. Non solum autem dicit quod “clausit eum” ibi, sed etiam quod “signavit” (Ap 20, 3), id est sigillum clausure posuit super illum, tum ad designandum inviolabilem firmitatem huius clausure, tum, secundum Augustinum, ad designandum quod Deus vult in hac clausura esse occultum quos potest finaliter seducere et quos non (ab illis enim in quos finaliter non potest est per hanc clausuram impeditus et in reliquos permissive missus), tum quia Christi lex et eius et suorum sanctorum exemplaris vita ligat diabolum ne seducat sectatores Christi et sanctorum, et ipsa lex et vita sunt signum eis et limes, ultra quam non debent progredi nec citra illum aperire diabolo hostium seu dare ei aditum; tum quia sanctitas gratie sacramentorum Christi est signum terrens et prohibens diabolum ab hiis qui sunt gratia Christi et eius sacramentis signati. |
Inf. XXVI, 106-109, 121-123Io e ’ compagni eravam vecchi e tardi
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Purg. I, 46-48, 76-77, 88-90Son le leggi d’abisso così rotte?
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[LSA, Ap 3, 14 (I vis., VII eccl.); Pa, f. 51vb]Hiis autem, sicut et in ceteris ecclesiis, premittit preceptum de istis scribendis ac deinde proponitur Christus loquens, ibi (Ap 3, 14): “Hec dicit amen”, id est verus seu veritas; vel “amen”, id est vere; “testis fidelis et verus, qui est principium”, id est prima causa, “creature Dei”, et hoc tam creando omnia de nichilo quam recreando electos per infusionem gratie. Sancti enim [anthonomasice] dicuntur creature Dei, secundum illud epistule Iacobi capitulo I° (Jc 1, 18): “Voluntarie genuit nos verbo veritatis, ut simus initium aliquod creature eius”. Et ad Ephesios II° dicit Apostolus (Eph 2, 10): “Ipsius sumus factura, creati in Christo Ihesu in operibus bonis”.
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[LSA, Ap 5, 1 (II vis., radix, II sig,); Pa, f. 63ra-va]Secundus (defectus claudens nobis intelligentiam huius libri) est sensualis et corporalis vite nimius amor, eiusque nimia brutalitas et impetuositas. (…) In secunda vero (apertione) fervor fidei, usque ad martiriorum perpessionem, brutalem vitam gentilium et amorem ipsius extinxit.
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[LSA, Ap 14, 4 (IV vis., VI prel.); Pa, ff. 152vb-153ra]Unde et sextum preconium prerogative ipsorum est indivisibilis et indistans ipsorum ad Christum familiaritas, propter quod subditur: “Et sequuntur Agnum quocumque ierit”. Quantum unusquisque Deum imitatur et participat, in tantum sequitur eum. Qui ergo pluribus et altioribus seu maioribus perfectionibus ipsum imitantur et possident altius et multo fortius ipsum sequuntur. Qui ergo secundum omnes sublimes et supererogativas perfectiones mandatorum et consiliorum Christi ipsum prout est hominibus huius vite possibile participant, “hii sequuntur Agnum quocumque ierit”, id est ad omnes actus perfectionum et meritorum ac premiorum eis correspondentium, ad quos Christus tamquam dux et exemplator itineris ipsos deducit.
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[LSA, Ap 2, 26-28 (I vis., IV vict.); Pa, f. 34rb-va]Quarta (victoria) est victoriosus effectus, quando scilicet omnes vires corporis et mentis assidue et totaliter perfectis virtutum operibus dedicantur, nec ex longa continuatione operis remittuntur sed potius intenduntur et roborantur et ad fortia opera superexcrescunt, qualis fuit in exercitiis perfectorum anachoritarum, quibus competit premium de quo quarte ecclesie dicitur: “Qui vicerit et custodierit usque in finem opera mea”, id est qualia ego feci et precepi vel consului, “dabo illi potestatem super gentes et reg[et] [eas] in virga ferrea, et tamquam vas figuli confri[n]gentur, sicut ego accepi a Patre meo, et dabo illi stellam matutinam” (Ap 2, 26-28).
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Purg. VII, 34-36quivi sto io con quei che le tre sante
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Inf. XXVI, 118-120, 124-126Considerate la vostra semenza:
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[409]
[LSA, Ap 22, 1-2 (VII vis.); Pa, f. 203ra-b]“Et ostendit michi fluvium” (Ap 22, 1). Hic sub figura nobilissimi fluminis currentis per medium civitatis describit affluentiam glorie manantis a Deo in beatos. Fluvius enim iste procedens a “sede”, id est a maiestate “Dei et Agni”, est ipse Spiritus Sanctus et tota substantia gratie et glorie per quam et in qua tota substantia summe Trinitatis dirivatur seu communicatur omnibus sanctis et precipue beatis, que quidem ab Agno etiam secundum quod homo meritorie et dispensative procedit. Dicit autem “fluvium” propter copiositatem et continuitatem, et “aque” quia refrigerat et lavat et reficit, et “vive” quia, secundum Ricardum, numquam deficit sed semper fluit. Quidam habent “vite”, quia vere est vite eterne. Dicit etiam “splendidum tamquam cristallum”, quia in eo est lux omnis et summe sapientie, et summa soliditas et perspicuitas quasi cristalli solidi et transparentis. Dicit etiam “in medio platee eius” (Ap 22, 2), id est in intimis cordium et in tota plateari latitudine et spatiositate ipsorum.
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Inf. IV, 106-108Venimmo al piè d’un nobile castello,
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Purg. XXVIII, 1-4, 10-18, 25-33; XXXI, 1-3, 139-145; XXXIII, 106-111, 127-129Vago già di cercar dentro e dintorno
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Par. XXX, 61-66, 76-78, 85-87e vidi lume in forma di rivera
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Par. III, 109-114E quest’ altro splendor che ti si mostra
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[LSA, Ap 22, 1-2 (VII vis.); Pa, f. 203ra-b]“Et ostendit michi fluvium” (Ap 22, 1). Hic sub figura nobilissimi fluminis currentis per medium civitatis describit affluentiam glorie manantis a Deo in beatos. Fluvius enim iste procedens a “sede”, id est a maiestate “Dei et Agni”, est ipse Spiritus Sanctus et tota substantia gratie et glorie per quam et in qua tota substantia summe Trinitatis dirivatur seu communicatur omnibus sanctis et precipue beatis, que quidem ab Agno etiam secundum quod homo meritorie et dispensative procedit. Dicit autem “fluvium” propter copiositatem et continuitatem, et “aque” quia refrigerat et lavat et reficit, et “vive” quia, secundum Ricardum, numquam deficit sed semper fluit. Quidam habent “vite”, quia vere est vite eterne. Dicit etiam “splendidum tamquam cristallum”, quia in eo est lux omnis et summe sapientie, et summa soliditas et perspicuitas quasi cristalli solidi et transparentis. Dicit etiam “in medio platee eius” (Ap 22, 2), id est in intimis cordium et in tota plateari latitudine et spatiositate ipsorum.
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[LSA, Ap 10, 5-7 (III vis., VI tub.); Pa, f. 117rb-va]Nota etiam quod sicut nos iuramus levando et ponendo manum super altare vel super librum evangeliorum, tamquam protestantes nos per sanctitatem altaris vel evangelii iurare, sic iste angelus iurat levando manum ad celum, id est per altam protestationem celestis ecclesie et Dei habitantis in ea, et etiam quia demonstratio celestis mansionis et eternitatis multum confirmat tempus huius seculi [c]eleriter transiturum. Hinc etiam est quod iurat “per viventem” in eternum, ubi etiam signanter specificat tria per ipsum creata, scilicet “celum”, tamquam electis querendum et tamquam locum in quo est eorum gloria consumanda; deinde “terram” cum existentibus in ea, et tertio “mare” cum existentibus in eo, quasi dicat: iuro per eum qui creavit terram fidelium et mare nationum infidelium, quibus utrisque nunc ego predico ed ad eternam gloriam invito. Unde et tenebat pedem unum super terram et alium super mare. |
Inf. III, 21; VIII, 86-87mi mise dentro a le segrete coseE ’l savio mio maestro fece segno
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Par. VII, 55-57, 61-63Tu dici: “Ben discerno ciò ch’i’ odo;
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[410]
[LSA, Ap 2, 5 (I vis., I eccl.); Pa, f. 38ra-va]Item Ricardus, super Danielem, in expositione sompnii Nabucodonosor, ostendit quod sicut statua Nabucodonosor gradatim descendebat ab auro in argentum, deinde in es ac deinde in ferrum et ultimo in testam luteam, sic aliquando gradatim descenditur a supremo virtutum ad ima. Unde ibidem ait: «Puto quod nemo repente fit turpissimus, sed qui minima negligit paulatim defluit. Sicut enim quibusdam profectuum gradibus ad alta conscenditur, sic rursus gradatim ad ima descenditur». Et ibidem subdit: «Quosdam videmus in initio sue conversionis spe gaudentes, in tribulatione patientes, sollicitos in opere, studiosos in lectione, devotos in oratione, qui quidem in auro operantur sicut et ille cui dictum est a Christo: “Novi opera tua et caritatem tuam” et cetera (Ap 2, 19). Sed sunt multi qui in tempore temptationis recedunt, non tamen statim se in infima demergunt, sed primum de bono in minus bonum et dehinc de minus bono in malum et deinde de malo in deterius corruunt, secundum illud Iob: “Mons cadens paulatim defluit, et terra alluvione consumitur” (Jb 14, 18-19). Tales enim paulatim incipiunt a pristino desiderio tepescere et a priori fervore magis magisque deficere. Refrigescente namque caritate, operantur bona ex deliberatione. Maius autem est bonum sequi ex desiderio et cum magna delectatione quam ex solo consilio et deliberatione; istud quidem bonum, sed illud optimum, istud pertinet ad argentum, illud autem ad aurum. Bonum est argento huiusmodi habundare, sed non minus stultum aurum suum in argentum mutare: “mittens enim manum ad aratrum et respiciens retro non est aptus regno Dei” (Lc 9, 62). Unde sermo divinus per increpationem ferit eum qui aureum opus in argentum commutat. “Scio”, inquit, “opera tua et laborem et patientiam tuam” (Ap 2, 2): ecce brachia, ecce pectus argenteum. Sed vide quid subinfertur: “Sed habeo adversum te, quod caritatem tuam primam [r]eliquisti” (Ap 2, 4). Arguitur ergo qui adhuc bonum agit, quod caritatem primam [reliquit], et aureum caput in pectus argenteum deflexit». Item infra: «In capite aureo intelligitur devotio, in membris argenteis discretio, in ereis simulatio, in ferreis indignatio, in testeis dissolutio». Item infra: «Quid est fulgor capitis aurei nisi fervor celestis desiderii, et claritas argentei pectoris et brachii quam certitudo recti consilii et rectitudo operis certi? Sancta itaque desideria faciunt caput aureum, recta autem consilia et opera pectus et brachium argenteum». (…) |
Inf. XVII, 97-105, 115-116, 127-132e disse: “Gerïon, moviti omai:
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Par. I, 133-138; II, 121-123; V, 55-60; X, 86-87; XIII, 61-63; XXI, 28-32, 64-69, 136-137; XXII, 73-74e sì come veder si può cadere
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[LSA, Ap 2, 5 (I vis., I eccl.); Pa, f. 38va-b]Deinde, si non se correxerit, comminatur ei casum totalem dicens (Ap 2, 5): “Sin autem, venio tibi”, id est contra te. Dicit autem “venio”, non ‘veniam’, ut ex imminenti propinquitate sui adventus ipsum fortius terreat.
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Inf. XVII, 100-101, 106-107, 121, 125-126Come la navicella esce di loco
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Inf. X, 91-92Ma fu’ io solo, là dove sofferto
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[411]
[LSA, Ap 2, 5 (I vis., I eccl.); Pa, f. 39rb]Si vero queratur plenior ratio sui casus vel translationis predicte, potest colligi ex tribus. Primum est inanis gloria et superba presumptio de suo primatu et primitate, quam scilicet habuit non solum ex hoc quod prima in Christum credidit, nec solum ex hoc quod fideles ex gentibus ipsam honorabant et sequebantur ut magistram et primam, tamquam per eam illuminati in Christo et tracti ad Christum, sed etiam ex gloria suorum patriarcharum et prophetarum et divine legis ac cultus legalis longo tempore in ipsa sola fundati.[LSA, Ap 8, 7 (III vis., I tub.); Pa, f. 97rb]Vel per hoc designatur quod temptationem que simul habet magnam speciem boni et veri, et auctoritatem et testimonium maiorum et antiquiorum et in sapientia famosiorum, et sequelam maioris et quasi totalis partis populi, nullus potest vincere nisi sit in fide et caritate firmus ut terra vel arbor et non fragilis et instabilis et cito arefactibilis sicut fenum. Talis autem fuit temptatio iudaica contra Christum. |
Inf. X, 40-48, 61-63Com’ io al piè de la sua tomba fui,
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Purg. XI, 61-66L’antico sangue e l’opere leggiadre
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[412]
[LSA, Ap 12, 6 (IV vis., I prel.); Pa, ff. 131vb, 136ra-b]Notandum autem quod Ioachim totum librum suum Concordie veteris et novi testamenti fundavit super numero hic posito. Unde libro V° Concordie, circa finem pertractans verba illa angeli dicta Danieli, quod “in tempus et tempora et dimidium temporis” erit “finis horum mirabilium” (Dn 12, 6-7), dicit: «Verba hec Danielis ita a lectore huius operis pensari debere vellem, ut quicquid a principio huius operis usque huc late et diffuse contulimus sub uno quam brevi coart[ar]emus sermone. Nichil enim aliud nos intimasse credimus, nisi hoc quod sonat versiculus iste: ‘in tempus et tempora et dimidium temporis omnium istorum mirabilium esse finem’. Quia sicut iam per multas vices nos dixisse meminimus, in hiis quadraginta duabus generationibus septem signacula continentur, nichilque aliud est dicere “in tempus et tempora et dimidium temporis” complebuntur quam illud quod, sub sexto angelo tuba canente, alter angelus aut forte unus et idem ait: “tempus iam non erit amplius, sed in voce septimi angeli, cum ceperit tuba canere” (Ap 10, 6-7)». (…) Sed contra prescriptum numerum temporis ecclesie videtur esse illud Danielis XI° (Dn 12, 11-12 ; cfr. 11, 31), ubi dicitur quod “a tempore cum ablatum fuerit iuge sacrificium, et posita fuerit abhominatio in desolationem”, sunt “dies mille ducenti nonaginta. Beatus” autem “qui spectat et pervenit ad dies mille trecentos triginta quinque”, et tamen paulo ante (Dn 12, 6-7) dixerat quod “finis horum mirabilium”, visionis scilicet premisse, erit “in tempus et tempora et dimidium temporis”, id est post tres annos et dimidium, qui absque minutiis faciunt mille ducentos sexaginta dies, cum minutiis autem faciunt mille ducentos septuaginta septem vel octo cum die bisextili. Dicendum quod numeri isti Danielis possunt dupliciter sumi. Primo quidem ab interitu sinagoge et iugi[s] sacrificii eius fact[o] in morte Christi, seu a fuga ecclesie a Iudea vel a suis legalibus et a desolatione abhominabili ex tunc manente in ea, prout supra in visione octava de septuaginta septenis premisit (cfr. Dn 9, 20-27). Et secundum hoc designant tempus ecclesie a Christi morte vel [a] predicta fuga ecclesie usque ad Antichristum magnum, de quo illa ultima visio Danielis circa finem tractaverat, et iterum usque ad beatum silentium post mortem Antichristi et plenam conversionem Israel et totius orbis super apertione septimi sigilli fiendum. Et ideo computat hoc dupliciter, et etiam in aliquo modo tripliciter. Nam sumendo tres annos et dimidium absque minutiis est unus modus. Sumendo vero cum minutiis et cum additamento perducente eas ad unum mensem triginta dierum est secundus modus, qui ibi designatur per mille ducentos nonaginta dies, qui utique super mille ducentos sexaginta addunt triginta dies. Ex quo quidam crediderunt post mille ducentos nonaginta annos a Christi morte ad tardius Antichristum venisse. Quod tamen, attendenti varia initia et varios fines huiusmodi numerorum, non est usquequaque certum, nisi precise probaretur hunc numerum, prout terminatur in Antichristo, precise inchoari a morte Christi. Hoc tamen, vel eius oppositum, facti evidentia suo tempore comprobabit.
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Inf. X, 61-63, 127-132E io a lui: “Da me stesso non vegno:
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Purg. VII, 61-63, 67-69Allora il mio segnor, quasi ammirando,
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[413]
[LSA, Ap 7, 2 (II vis., VI sig.); Pa, f. 85rb-vb]Sequitur tertia pars, scilicet prohibitio predicti impedimenti per subscriptum angelum facta (Ap 7, 2): “Et vidi alterum angelum”, alterum scilicet a quattuor iam premissis, et alterum non tantum in persona sed etiam in virtute et officio. Nam illi mali et impeditivi boni, iste vero in utroque contrarius eis. (…) Hic ergo angelus est Franciscus, evangelice vite et regule sexto et septimo tempore propagande et magnificande renovator et summus post Christum et eius matrem observator, “ascendens ab ortu solis”, id est ab illa vita quam Christus sol mundi in suo “ortu”, id est in primo suo adventu, attulit nobis. Nam decem umbratiles lineas orologii Acaz Christus in Francisco reascendit usque ad illud mane in quo Christus est ortus (4 Rg 20, 9-11; Is 38, 8).
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Purg. XXX, 22-30Io vidi già nel cominciar del giorno
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[LSA, Ap 7, 2 (II vis., VI sig.); Pa, f. 85rb-vb]“Et vidi alterum angelum”. (…) Hic ergo angelus est Franciscus, evangelice vite et regule sexto et septimo tempore propagande et magnificande renovator et summus post Christum et eius matrem observator, “ascendens ab ortu solis”, id est ab illa vita quam Christus sol mundi in suo “ortu”, id est in primo suo adventu, attulit nobis. Nam decem umbratiles lineas orologii Acaz Christus in Francisco reascendit usque ad illud mane in quo Christus est ortus (4 Rg 20, 9-11; Is 38, 8).
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Purg. XXX, 22-33Io vidi già nel cominciar del giorno
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[LSA, Ap 12, 1-2 (IV vis., radix); Pa, f. 127rb-va]Quartum vero, huic annexum, est ad Christum tam verum quam misticum in eius spiritali utero conceptum et in gloriam pariendum fortis cruciatio. Unde de eius adornatione subditur (Ap 12, 1): “Et signum magnum apparuit in celo”, id est in celesti statu Christi, scilicet “mulier amicta sole, et luna sub pedibus eius, et in capite eius coronam stellarum duodecim”. De parturitionis autem cruciatu subditur (Ap 12, 2): “Et in utero habens et clamat parturiens et cruciatur ut pariat”. Mulier ista, per singularem anthonomasiam et per specialem intelligentiam, est virgo Maria Dei genitrix. Per generalem vero intelligentiam, hec mulier est generalis ecclesia et specialiter primitiva. Virgo enim Maria et in utero corporis et in utero mentis Christum caput concepit et habuit, et in utero cordis totum corpus Christi misticum habuit sicut mater suam prolem.
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Purg. XXX, 22-33Io vidi già nel cominciar del giorno
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[LSA, Ap 1, 13 (I vis., radix); Pa, f. 29rb-va]Tertia (perfectio summo pastori condecens) est sacerdotalis et pontificalis ordinis et integre castitatis et honestatis sanctitudo, unde subdit: “vestitum podere”. Poderis enim erat vestis sacerdotalis et linea pertingens usque ad pedes, propter quod dicta est poderis, id est pedalis: pos enim grece, id est pes latine. Poderis enim, secundum aliquos, erat tunica iacinctina pertingens usque ad pedes, in cuius fimbriis erant tintinabula aurea, et de hac videtur dici illud Sapientie XVI[II]° (Sap 18, 24): “In veste poderis, quam habebat, totus erat orbis terrarum, et parentum magnalia in quattuor ordinibus lapidum erant sculpta”. Dicuntur etiam fuisse in veste poderis quia erant in rationali et superhumerali ipsi poderi immediate superposita. Per utramque autem designatur habitus celestis castitatis et sanctitatis sacerdotes et pontifices condecens, pro cuius ardua plenitudine subdit: “et precinctum ad mamillas zona aurea”.
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Purg. XXX, 31-33 sovra candido vel cinta d’uliva
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[LSA, Ap 22, 2 (VII vis.); Pa, f. 203rb]“Ex utraque parte fluminis lignum vite”. Ricardus construit hoc cum immediate premisso, dicens quod hoc “lignum” est “in medio platee”. Et certe tam fluvius quam lignum vite, id est Christus, est “in medio eius”, id est civitatis, iuxta quod Genesis II° dicitur quod “lignum vite” erat “in medio paradisi” (Gn 2, 9). Una autem pars seu ripa fluminis est ripa seu status meriti quasi a sinistris, dextera vero pars est status premii; utrobique autem occurrit Christus, nos fruct[u] vite divine et foliis sancte doctrine et sacramentorum reficiens et sanans. Per folia enim designantur verba divina, tum quia veritate virescunt, tum quia fructum bonorum operum sub se tenent et protegunt, tum quia quoad vocem transitoria sunt. Sacramenta etiam Christi sunt folia, quia sua similitudine obumbrant fructus et effectus gratie quos significant et quia arborem ecclesie ornant. Vel una pars fluminis est suprema, altera vero pertingit usque ad infimum sensuum et corporum. Nam non solum celum, sed etiam terra plena est gloria et maiestate Dei, unde beatis ex utraque parte occurrit Deus et specialiter Christus homo, qui secundum corpus se visibilem exhibet in ripa inferiori et suam deitatem et animam in ripa superiori.[LSA, Prologus, incipit (Is 30, 26); Pa, f. 1ra-b]Tempore autem quo Christus erat nostra ligaturus vulnera sol nove legis debuit septempliciter radiare et lex vetus, que prius erat luna, debuit fieri sicut sol. Nam umbra sui velaminis per lucem Christi et sue legis aufertur secundum Apostolum, capitulo eodem dicentem quod “velamen in lectione veteris testamenti manet non revelatum, quoniam in Christo evacuatur”. Unde “usque in hodiernum diem, cum legitur Moyses”, id est lex Moysi, “velamen est positum super cor” Iudeorum; “cum autem conversus fuerit ad Dominum, auferetur velamen. Nos vero revelata facie gloriam Domini speculantes in eandem imaginem transformamur a claritate in claritatem” (2 Cor 3, 14-16, 18). Et subdit (2 Cor 4, 6): “Quoniam Deus, qui dixit de tenebris lucem splendescere”, id est qui suo verbo et iussu de tenebrosa lege et prophetarum doctrina lucem Christi eduxit, “ipse illuxit in cordibus nostris ad illuminationem scientie et claritatis Dei in faciem Christi Ihesu”, scilicet existentis et refulgentis. |
Purg. XXX, 31-33sovra candido vel cinta d’uliva
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Purg. XXXIII, 103-111E più corusco e con più lenti passi
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[LSA, Ap 10, 8-9 (III vis., VI tub); Pa, f. 117va-b]Sequitur (Ap 10, 8): “Et vox”, supple facta est, vel sonuit secundum Ricardum, “quam audivi de celo iterum loquentem mecum et dicentem: Vade, et accipe librum apertum de manu angeli stantis supra mare et super terram. (Ap 10, 9) Et abii ad angelum dicens ei ut daret michi librum”. Secundum Ioachim, iste ordo qui signatur in Iohanne auditurus est hanc vocem “de celo”, id est de scriptura sacra, quia si nusquam esset alia vox in scriptura sacra que hoc preciperet, sufficeret ista vox que de isto celo magno, id est de hoc libro aperto, descendit, et etiam illa que hoc ipsum dicit in Ezechiele, scilicet capitulo tertio (Ez 3, 1ss.). Ibit autem ordo iste ad angelum cum agnita veritate, de nuntiis veritatis Dei reverenter assentiet eis. Potest etiam dici quod ista vox est omnis inspiratio Dei eos instigans et accendens ut sapientiam libri addiscant a doctoribus sacris per hunc angelum designatis et potissime a Christo.
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Purg. I, 43-45, 49-54, 91-93
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Inf. X, 58-63; XXVI, 19-22piangendo disse: “Se per questo cieco
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[LSA, Ap 10, 9-11 (III vis., VI tub); Pa, ff. 117vb-118ra]Sequitur (Ap 10, 9): “Et dixit michi”, scilicet angelus: “Accipe librum [et] devora illum, et faciet amaricar[i] ventrem tuum”, id est faciet tortiones amaras in ventre tuo, vel postquam erit in ventre faciet versus os exal[at]iones amaras, “sed in ore tuo erit dulce tamquam mel. (Ap 10, 10) Et accepi librum” et cetera. Nota quod non dicit ‘lege’ sed “devora”, nec dicit ‘vide’ sed “accipe”, quia [per] superfervidum et rapidum devotionis affectum et gustum vult libri spiritales sensus et intelligentias masticari et saporari et ad intima trahici. Vult etiam illum per manum accipi, id est in operibus poni et servari, ut scilicet opere impleat ea que in libro docentur. Huius autem libri contemplatio est dulcis ori, id est spiritali gustui, facit tamen amaricari ventrem quia ducit ad amaritudinem laboris et passionis. Quamvis enim preclara contemplatio futurarum passionum sit suavis menti, in experientia tamen laboris est gemitus et afflictio spiritus. Nichil etiam inconveniens si secundum diversos respectus sit simul dulcis et amarus, sicut et Christi passio in quantum triumphalis et nobis salubris est nobis dulcis, in quantum autem nostra viscera per compassionem transfigit est nobis amara. |
Par. XVII, 22-23, 43-45, 58-63, 112-114dette mi fuor di mia vita futura
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[LSA, Ap 10, 11 (III vis., VI tub); Pa, f. 118ra]Potest etiam dici quod eo ipso quod Dei instinctu et iussu accepit ab angelo singularem intelligentiam libri et cum singulari dulcore ipsam sibi invisceravit, et ex hoc cum dolore presensit passiones graves sibi et ecclesie affuturas, satis percepit se ad predicationem gentium destinari (…)Par. XXXII, 121-123, 127-129colui che da sinistra le s’aggiusta
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[(segue III vis., VI tub); Pa, f. 118ra-va]Sequitur: (Ap 10, 11) “Et dixit michi: Oportet te iterum prophetare in gentibus et populis et linguis et regibus multis”. In ipsa sapientia libri expresse continetur quod oportet iterum predicari evangelium in toto orbe, et Iudeis et gentibus, et totum orbem finaliter converti ad Christum. Sed quod per istum hoc esset implendum non poterat sciri nisi per spiritualem revelationem, et hoc dico prout per Iohannem designantur hic singulares persone quia, prout per ipsum designatur in communi ordo evangelicus et contemplativus, scitur ex ipsa intelligentia libri quod per illum ordinem debet hoc impleri. Potest etiam dici quod eo ipso quod Dei instinctu et iussu accepit ab angelo singularem intelligentiam libri et cum singulari dulcore ipsam sibi invisceravit, et ex hoc cum dolore presensit passiones graves sibi et ecclesie affuturas, satis percepit se ad predicationem gentium destinari, sed nichilominus per sacros doctores hoc amplius asseritur, tum ne propter temptationem Antichristi et propter nimiam multitudinem hostium hoc timeant impediri. Potest etiam dici quod istud potius dicitur preceptorie et iniungendo sibi officium predicandi omnibus quantumcumque infidelibus vel longinquis, unde dicit: “Oportet te prophetare” et cetera, quamvis preter hoc possit dici hoc oportere per respectum ad infallibilitatem divine prescientie et predestinationis et per respectum ad finalem necessitatem et utilitatem gentium convertendarum per eius verbum.
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Par. XVII, 116-120, 127-132ho io appreso quel che s’io ridico,
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[LSA, Ap 22, 10-11 (finalis conclusio totius libri); Pa, f. 205rb-va]Sextum est [iussio] de propalando doctrinam propheticam huius libri, tamquam scilicet utillimam et necessariam electis et tamquam certam et gloriosam et Christum et eius opera clarificantem et magnificantem. Unde subdit (Ap 22, 10): “Et dixit michi”, scilicet angelus: “Ne signaveris”, id est non occultes nec sub sigillo claudas, “verba prophetie huius libri”, subditque huius duplicem rationem.
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